di Ferdinando Boero
Continuano gli avvertimenti del mondo scientifico sul cambiamento climatico, ma oramai non fanno più effetto. Gli stati, con l’Unione Europea in prima linea, stanziano fondi per la transizione ecologica (il 70% del PNRR dovrebbe essere speso a questo fine) ma poi li usano per tutt’altro. Chi vende fossili rallenta la transizione, proponendo rigassificatori e trivellazioni in mare: si transita continuando a bruciare combustibili fossili. I nuclearisti esultano perché le centrali nucleari non producono emissioni e le spacciano per sostenibili, come se non ci fossero altri problemi.
Come appartenente alla nostra specie, che si è anche riprodotto, sono preoccupato. Un pochino so “leggere” lo stato dell’ambiente ed è chiarissimo che le cose di oggi sono ben differenti da quelle di cinquant’anni fa, ma questo non significa che tutto crollerà. Ricordo quando Jacques Cousteau affermò che il Mediterraneo sarebbe morto entro vent’anni. Il Mediterraneo è ancora vivo, è morto lui. Il riscaldamento globale lo sta trasformando in un rifugio per specie tropicali che formano popolazioni rigogliose, mentre le specie che non amano il caldo sono in regressione. E’ sempre successo, nella storia della vita: i grossi cambiamenti spazzano via moltissime specie, ma la loro dipartita lascia campo libero ad altre specie. E il gioco ricomincia. Ci sono state cinque estinzioni di massa, e ora ci dicono che sia in corso la sesta. (Avvertenza: il brano successivo è ottimista per assurdo). Che problema c’è? Il pianeta ne ha superate 5, supererà anche la sesta. Quelli che dicono: chi se ne fotte del pianeta? hanno ragione. Il pianeta non corre alcun rischio. Forse neppure la nostra specie corre grandi rischi. Magari ne usciremo ridimensionati in termini di numero di individui, ma ce la caveremo. Siamo adattabili, e risolviamo problemi complessi.