di Vittorio Zacchino
Una città diventa tale quando l’autorità riconosce formalmente ope legis all’agglomerato paese che ne abbia fatto richiesta, un certo numero di requisiti: una storia più o meno secolare, una congrua popolazione, dei privilegi goduti ab antico, dei manufatti monumentali di pregio, un ruolo economico nel circondario, una serie di personalità che l’hanno illustrata e la illustrano, e di cui i concittadini fanno vanto e si dichiarano orgogliosi.
Città non si nasce, ma si diventa col tempo: lavorando tutti insieme ad un progetto, convintamente condiviso e concordemente portato avanti, mediante la valorizzazione delle tante energie e competenze di cui si dispone.
Un progetto di città deve puntare allo sviluppo civile e democratico della comunità, all’accrescimento progressivo dei servizi, gli incentivi alle imprese, la giustizia distributiva, la qualità della vita, il decoro, l’istruzione, l’offerta culturale, la solidarietà. I cittadini liberamente aggregandosi, si confrontano democraticamente, eleggono un consiglio cui affidano la rappresentatività, sulla base di un programma condiviso e concertato, che ci prefigge, ovviamente, l’interesse generale della cittadinanza sovrana. Per legge chi ha maggioranza amministra, chi invece è minoranza vigila, anche occhiutamente, e controlla. Stando attenti tutti a non indebolire il cemento unificante della “universitas civium”, a non smarrire il senso delle radici, a non rinnegare ciò che viene dal passato, perché, come ha detto Mario Luzi, “il passato / è un seme del futuro / o niente”.
Anche a me l’dea di città fatica a venire.
Eppure, se penso a Galatina, mi sovviene che essa città lo è già da più di due secoli, precisamente dal 20 luglio 1793, quando Sua Maestà Ferdinando I di Borbone, accolse la “grazia implorata dall’Università”, avanzata il 24 dicembre 1792, “di dichiararsi questa terra Città”, e sulla base dei privilegi e grazie concesse dai sovrani antecessori, i servizi prestati dalla ricorrente, il suo attaccamento alla Corona, la magnificenza del luogo e le prerogative che lo adornano, accordava la grazia implorata e gliene spediva il relativo regio “diploma”.