Dal Salento di Geremia Re alle influenze con la Pop-art di Mario Schifano
di Massimo Galiotta
«Morto Boccioni, morto Sant’Elia […]. Tante vite sono stroncate dalle guerre, la prima, la seconda, Marinetti muore. Mino Delle Site va avanti. Questo il suo segreto, il suo lascito, la sua forza per la storia del Futurismo»[1].
Per comprendere quanto il ruolo svolto da “Mino” Delle Site sia stato fondamentale per il ritorno d’interesse avuto dal «Futurismo» dagli anni Settanta, è dunque necessario soffermarsi proprio sulla perseveranza che il salentino ebbe sin da subito. Parte da Lecce per raggiungere Roma e frequentare l’Accademia di Belle Arti: nel capoluogo salentino è allievo di Geremia Re, «il quale era stato a Parigi e aveva portato questo nuovo soffio di aggiornamento sul piano ideologico ed estetico. Come studente dell’Accademia di Belle Arti – racconta Delle Site – mi interessavo, visitavo mostre, giravo di qua e vedevo di là, non ero uno studentello (Sic.)…; E a Roma il colpo di fulmine, l’illuminazione. Quella che sarà la mia strada: l’incontro col Futurismo»[2].
Un evento dunque decisivo, avvenuto quand’era giovanissimo; il suo esordio è stato senza sudditanze, più che da uno dei padri fondatori del Futurismo (li conosce tutti personalmente) Delle Site è affascinato dal volo, l’aeropittura è il suo spazio espressivo: Prampolini nel 1932 lo definì «interprete della compenetrazione simultanea di Uomo-Macchina-Spazio»[3], collocando definitivamente il salentino in un ruolo di primo piano all’interno del movimento. A questo punto è necessario rilevare come le idee modernizzanti innescate nella prima parte del secolo, non morirono insieme al fondatore Marinetti ma trovarono una nuova e deflagrante espressione artistica nella seconda metà del Novecento.