di Guglielmo Forges Davanzati
Esiste in Italia una rilevante questione salariale, che fa riferimento a questa evidenza: l’Italia è l’unico Paese dell’Eurozona ad aver sperimentato una riduzione dei salari reali dagli inizi degli anni Novanta, nell’ordine del 2.9%. Il salario medio in Italia è inferiore a quello medio dell’Eurozona. Da uno studio della Fondazione Di Vittorio, condotto da Nicolò Giangrande, emerge non solo che il salario medio italiano è notevolmente inferiore a quello tedesco, ma anche che se si confronta il salario lordo annuale medio del 2021 con quello del 2019 risulta come il divario salariale tra Italia, da una parte, e Francia e Germania, dall’altra, si è sempre ampliato: la differenza con il salario francese è aumentata da 9,8 mila a 10,7 mila e con quello tedesco è cresciuta da 13,9 mila a 15,0 mila euro. A tenere bassi i salari italiani, nel confronto con i principali Paesi europei, è soprattutto l’altissima incidenza, nel nostro Paese, di lavori a bassa qualificazione e anche la quota rilevante di dipendenti a termine (il 16.6% contro l’11% della Germania). È inoltre estremamente più diffuso in Italia il part-time involontario. Si osserva empiricamente il seguente fatto stilizzato: quando in Europa si riducono occupazione e salari, nel nostro Paese si riducono più velocemente e quando i salari crescono in Europa, crescono meno rapidamente in Italia.