di Giuseppe Virgilio
1. I collaboratori
Il primo numero de “La Voce di Galatina”, quindicinale d’informazione, fu pubblicato il 26 gennaio 1946, l’anno in cui, dopo la caduta del fascismo, tornò in vigore, mediante libere elezioni, l’autonomia comunale, che è il bene più prezioso di una libera collettività. Il corpo redazionale era costituito da alcuni cittadini di Galatina. In quell’iniziativa pubblicistica, al di là dei loro impegni quotidiani, essi realizzavano il bisogno di reagire all’impaludamento intellettuale del periodo fascista. Luigi Ferrol, Cesare Monastero, Michele Montinari, e chi scrive erano i collaboratori più assidui. Gennaro Diso mandava da Roma per la rubrica Lettere romane, con lo pseudonimo di Impiger, delle corrispondenze che avevano la funzione del pastone politico. C’era poi un altro collaboratore ricco di umiltà e modestia, un socialista utopista ed autodidatta: Domenico Marra.
La redazione accettava volentieri i suoi scritti non soltanto per il garbo della forma e dello stile rispettosi della grammatica e della sintassi, ma soprattutto perché essi erano ricchi di umanità, sovraccarichi di luce ideale e traboccanti di passione libertaria. Il direttore del periodico era Carlo Tundo, un insegnante elementare divenuto successivamente funzionario della locale Banca Vallone, e rimasto sempre aperto all’arricchimento di valori democratici. Provvedeva alla stampa e fungeva anche da luogo di riunione per i redattori e da ufficio di spedizione, la tipografia Vergine gestita dall’amico Marco, sempre solerte e pieno di compitezza. Si procedeva alla correzione delle bozze nelle ore notturne del sabato per far sì che il periodico fosse in edicola la domenica mattina.