di Antonio Errico
Il metodo è una strada che si sceglie: una delle possibili strade tra quelle che si aprono quando si incomincia a fare un cammino. Tra le strade che si possono scegliere, ce n’è una che si chiama passione. Ma non saprei dire se quello della passione sia un metodo che si sceglie o se da esso si viene scelti. Forse dalla passione Lucio Giannone è stato scelto fin dal principio, da quando ha compiuto i primi movimenti nei territori dell’indagine letteraria. Allora il titolo che è stato dato agli studi sulla modernità letteraria in onore di Antonio Lucio Giannone, editi dalla Scuola di Pitagora, a cura di Giuseppe Bonifacino, Simone Giorgino, Carlo Santoli, sintetizza e rappresenta l’esperienza di tutta una vita: “Metodo e passione”.
Probabilmente conviene, preliminarmente, chiarire quello che Lucio Giannone non ha fatto: non ha mai ceduto alle suggestioni delle mode che sul finire degli anni Sessanta portavano teorie e metodi di critica letteraria senza passarle alla verifica della loro coerenza con i testi. Ne parlò ventitré anni fa Robert Alter, in un libro uscito in Italia con il titolo “I piaceri della lettura”, che nel sottotitolo riportava “Il testo liberato”. Ecco: Lucio Giannone ha lavorato prevalentemente per liberare autori e opere dal rischio del loro oscuramento. Lo ha fatto analizzando e raccontando i testi nelle loro relazioni, nei loro contesti, avendo come orizzonte non esclusivo ma connotante uno spazio culturale chiamato Meridione, collocato tra Mediterraneo e Europa, pensati soprattutto come espressioni di civiltà e di storia. Sud Mediterraneo Europa. Ha ragione il suo (il nostro) Bodini: il Sud ci fu padre e nostra madre l’Europa.