di Guglielmo Forges Davanzati
La ricerca economica più rigorosa e recente conferma la tesi per la quale è l’industria – non i servizi – a trainare la crescita economica nel lungo periodo. I dati recenti sugli afflussi turistici in Puglia sono stati salutati come un successo dell’imprenditoria locale, avvalorando un sentire comune – rischioso da assecondare per le ragioni che si diranno – secondo cui quest’area si starebbe sviluppando e si svilupperà principalmente per il traino di questo settore. Va detto in premessa che la diagnosi è opinabile, dal momento che il capitalismo contemporaneo – con alcune eccezioni (Germania e Cina, in primo luogo) – sta vivendo, nel suo complesso, una fase di de-industrializzazione. Non è, dunque, una sorpresa il fatto che le aree periferiche dello sviluppo globale vivano una stagione di aumento dell’incidenza dei servizi sul Pil: e il turismo è uno dei servizi più diffusi, se non altro per le crescenti diseguaglianze distributive che caratterizzano questa fase storica nei Paesi OCSE. Va aggiunto che nel Salento il turismo non produce crescita. Vi sono, poi, prospettive di rallentamento degli arrivi, dovuti al protrarsi della guerra in Ucraina. Negli ultimi venti anni, la Puglia ha accresciuto la sua dipendenza dal settore turistico più del resto del Paese e così il Salento: l’incidenza del turismo, nel periodo compreso fra il 1995 e il 2017, è raddoppiata, raggiungendo il 4.2%, a fronte di ciò che è accaduto nel resto d’Italia, dove la crescita del settore è stata di due terzi più bassa. Su fonte Unioncamere, l’offerta turistica della regione Puglia è caratterizzata da una base imprenditoriale che conta 35.501 imprese registrate al IV trimestre 2021; valore pari al 5,6% della filiera turistica nazionale e che conferma l’incidenza rispetto agli anni passati. In termini di addetti il settore turistico regionale conta poco più di 142 mila unità, pari al 5,4% del totale nazionale.