di Antonio Devicienti
Qui venire, a ridosso del grande palazzo, ai piedi dell’osservaorio astronomico. Qui cercare un’altra Milano, qui dove lo spzio è raccolto e protetto contro ogni rumore. Lo si potrebbe definire un “fazzoletto” di terra lavorata e ordinata in aiuole e piccole serre di vetro e stretti, lindi vialetti oppure un “francobollo” appartato e quasi nascosto, ignoto a chi di Milano cerca ben altro.
Ma questa scrittura (che a sua volta si dispone in file ordinate per l’andirivieni del pensiero e dell’immaginazione) ama e cerca una Milano di silenzio dove lentissima la luce trascorre d’inclinazione in inclinazione lungo rami, tronchi, tiranti, tutori.
E l’esplicita impronta didattica dell’orto botanico ha una sua bellezza che scrive i nomi delle piante e che s’esprime in rigorosa tassonomia.
Qui accostarsi ai muri annosi dell’osservatorio astronomico, levare lo sguardo a seguire la torre il cui vertice s’iscrive in un quadrato di cielo e comprendere che anche spazi angusti, stretti tra muri, rampe di scale, vasche e spalliere per le piante rampicanti appartengono a un’architettura del pensiero che, raccogliendosi per studiare le leggi della natura, si prepara a spandersi pronunciando formule matematiche, mappe di rigorosa geometria, nomenclature ed elenchi il cui ritmo s’apparenta al movimento e al respiro.