Trittico per Rocco Scotellaro

di Antonio Lucio Giannone

A meno di mezzo secolo dalla prematura scomparsa di Rocco Scotellaro, avvenuta nel dicembre del 1953, la sua opera rischia di cadere completamente nel dimenticatoio. Il nome dello scrittore lucano infatti non compare quasi mai nei numerosi panorami del Novecento usciti in questi ultimi anni e anche le sue raccolte poetiche, È fatto giorno e Margherite e rosolacci, da tempo esaurite, non vengono più ristampate. È questo, purtroppo, un destino comune a tanti poeti e narratori meridionali, ingiustamente trascurati dal canone vincente della storiografia letteraria, che privilegia altre linee, geograficamente ben definite, della nostra letteratura contemporanea.

Eppure negli anni Cinquanta la figura del “sindaco-poeta” di Tricarico fu al centro di un vivace dibattito nel quale furono coinvolti personaggi di primo piano della vita culturale e politica di allora, tanto che ne nacque un vero e proprio ‘caso Scotellaro’. A colpire l’opinione pubblica furono soprattutto i nuovi temi che si affacciavano nelle sue opere e tra questi, in particolare, il mondo contadino del Sud, un mondo restato sempre ai margini della storia, al quale egli dava voce per la prima volta.

Anche per questo il dibattito si incentrò quasi esclusivamente sull’aspetto ideologico della sua opera, al punto che essa divenne spesso il pretesto per parlare di problemi che riguardavano direttamente la società italiana, come la questione meridionale, la condizione contadina, il divario tra Nord e Sud, ecc. Solo in tempi più recenti si è scoperta una dimensione diversa, più intima e privata, di Scotellaro e si è proceduto a una ‘rilettura’ della sua produzione, liberandola, una volta per tutte, da quella ipoteca di carattere politico-ideologica, che ne aveva condizionato pesantemente l’interpretazione.

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