di Gianluca Virgilio
A distanza di quattro anni dal suo primo romanzo dal titolo La falce di luna (Editrice EdiPan, Galatina 2004), Rino Duma pubblica La scatola dei sogni con sottotitolo Romanzo d’avventura (Editrice “EdiPan”, Galatina 2008), un secondo romanzo di 436 pagine dedicato “A Zeffirino Rizzelli / uomo illuminato e probo / ricco di saperi e d’umanità”, come si legge in limine, e presentato da Maurizio Nocera.
Il lettore deve sapere che il sottoscritto ha avuto la ventura di leggere il romanzo prima che fosse pubblicato, in quella fase diciamo così interlocutoria, quando l’autore ha finito di scrivere e, fornendo agli amici copia del dattiloscritto, va sondando la reazione del lettore, al fine di migliorare l’opera. Così, quando, poco prima di Natale, Rino Duma mi ha consegnato una copia del suo ultimo romanzo appena uscita dalle macchine delle Arti Grafiche Panico, io ho avuto tra le mani un’opera che già conoscevo, ma resa più attraente dalla bella veste tipografica, che si fregia in copertina di un quadro di Tuccio Cascione e, nell’interno, di numerose fotografie che mostrano i luoghi dove si svolge il romanzo e di sette illustrazioni della bravissima Luisa Coluccia, che è stata capace di dar vita artistica a figure e paesaggi della “stupefacente narrazione” (p. 10), come Nocera definisce il romanzo di Duma.
Si sarà capito, dunque, che Rino Duma per me è prima di tutto un amico e poi un romanziere. Diciamo pure che per me è un amico-romanziere, e questo mi pone nei suoi confronti in un rapporto tutto particolare. Difatti, non c’è riga ch’io legga di suo, non c’è situazione da lui descritta o discorso pronunciato da un suo personaggio, ch’io non riveda il volto dell’amico e non ne risenta la voce, per me così familiari. Sicché io sarei la persona meno indicata per scrivere del suo libro, perché le due prospettive, quella amicale e quella per così dire recensoria, si confondono dentro di me e rischiano di farmi dire delle sciocchezze. Devo dire, però, che proprio questo rischio, cioè di non riuscire a recensire in modo oggettivo (ma esiste davvero l’oggettività?) l’opera di un amico, lungi dal farmi desistere dallo scrivere dell’opera di Duma, mi sprona a farlo, quasi sfidandomi al cimento, ed io, per parte mia, non mi tiro indietro.