di Gianluca Virgilio
David Foster Wallace ai suoi laureandi di Kenyon College negli USA raccontava un aneddoto molto istruttivo, che i professori farebbero bene a ripetere ai loro allievi all’inizio di un corso di studi: “Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve, ragazzi, com’è l’acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: – Che cavolo è l’acqua? (…). Il succo della storiella dei pesci – dice Wallace – è semplicemente che le realtà più ovvie, onnipresenti e importanti sono spesso le più difficili da capire e da discutere.”
L’aneddoto con relativo commento è riferito da Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, con un saggio di Abraham Flexner, Bompiani, Milano 2013, ed ha il pregio di riassumere ed esemplificare il nostro rapporto con i saperi nei quali siamo immersi, dei quali però non sappiamo distinguere la vera utilità. Perché studiare la grammatica italiana se l’italiano è la nostra lingua madre e dunque ce la caviamo benissimo (almeno così crediamo): meglio un PON (Programma Operativo Nazionale) di inglese! E che senso ha passare ore ed ore a studiare filosofia o storia e tanto peggio latino e greco se il sapere che mi deriva è inutile e non è – ecco la parola fatidica – “spendibile” in nessun mercato? In una società fondata sul denaro, a che serve tutto quello che non è finalizzato a far denaro? A nulla. Ed allora, la scuola organizza l’Alternanza scuola-lavoro, derogando al suo compito, che è quello di essere scuola, ovvero un luogo dove non si pensa al guadagno futuro, ma solo ad apprendere. Pazienza se allo studente si impedisce di studiare, è più utile che egli lavori! Salvo non essere pagato. Ma questo è un altro discorso.