di Antonio Devicienti
È un buon luogo, questo, per ritrovarsi a conversare: il mare invernale, lasciato finalmente solo, si dà in tutta la sua austera significanza ed è parca, commovente la sua bellezza priva dei facili trionfi dell’estate.
«Ho sempre amato questi luoghi del passaggio, questi approdi momentanei da cui ripartire».
Accosta il pollice, l’indice e il medio (tra i quali è accesa una sigaretta) alla tempia destra e con l’anulare dell’altra mano percorre più volte l’orlo del bicchiere.
«Sì, capisco e qui il passaggio tra una sponda e l’altra è stretto, i nomi si richiamano tra una riva e l’altra e pure gli dèi (e i demoni) non sono stranieri gli uni agli altri».
Con la punta della penna strofina i margini della tovaglietta di carta posata sul tavolo cui siedono tracciando fitte linee zigzaganti blu.
«Per anni alla radio ho ascoltato le trasmissioni anche nelle lingue che non capivo – spostavo continuamente il cursore scoprendo decine e decine di emittenti. Sognavo».
«A me accadeva con i libri: ne ho comprati non pochi in lingue (e anche in alfabeti) a me sconosciute e li ho sfogliati lentamente – lasciavo tra le pagine foglie o biglietti del bus o del treno».
Guarda i cartelli direzionali in strada: MELENDUGNO OTRANTO BORGAGNE. La veranda del bar-tabacchi non ha altri avventori se non loro due.
«Il Mediterraneo in inverno: visto da qui ha qualcosa di francescano, la salutare ruvidezza di un saio».
Sorride all’idea, fa un cenno d’assenso col capo.
«E la birra è ancora buona come allora…»
Sotto la veranda le loro sagome sembrano dissolversi, sperdersi nel vento spumoso di mare. Chiuse da mesi coi lucchetti le serrande del bar-tabacchi, spenta l’insegna.
(Chi lo desiderasse può immaginare Fabrizia Ramondino e Pedrag Matvejević seduti al tavolo di un bar-tabacchi chiuso durante l’inverno. Roca Vecchia è sempre un buon posto per ritrovarsi a conversare).
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