Su Il mal de’ fiori di Carmelo Bene

di Antonio Lucio Giannone

Dopo essersi fatto conoscere (e apprezzare) in tutti questi anni come attore, autore teatrale e regista cinematografico, Carmelo Bene si è recentemente presentato nell’insolita veste di poeta con un libro dal titolo (rovesciato rispetto a quello di Baudelaire) ‘l mal de’ fiori pubblicato in una veste editoriale assai ricercata e con una prefazione di Sergio Fava (Milano, Bompiani, 2000). A dire il vero, il Bene scrittore non rappresenta una novità in senso assoluto. Non più di cinque anni fa era apparso un grosso volume di oltre millecinquecento pagine, Opere, edito sempre da Bompiani nella collana dei “Classici”, che raccoglieva la sua produzione letteraria, oltre ai testi delle numerose messinscene. Carmelo Bene infatti ha sempre alternato alla sua attività in campo teatrale e cinematografico quella di carattere creativo. Ma fino ad ora si era limitato, per così dire, a pubblicare scritti in prosa, a metà strada tra l’invenzione e la saggistica, ispirandosi spesso al “reale-immaginario” del Salento, il “sud del Sud”, come lui lo chiama, nel quale affondano le sue origini.

Incominciò proprio con Nostra Signora dei Turchi, apparsa nel 1964, fantasmagorica rivisitazione dell’epopea otrantina, da cui nel 1968 ricavò un film visionario e barocco. Nel 1976 uscì il volume A boccaperta che conteneva, tra l’altro, lo scritto Giuseppe Desa da Copertino dedicato al “più grande santo tra i santi, colui che eccede la santità stessa” (il “monaco rissoso” che “vola tra gli alberi”, che colpì anche l’immaginazione del leccese Vittorio Bodini, suo amico e maestro). E al 1983 risale Sono apparso alla Madonna sorta di autobiografia, in cui a un certo punto rievoca proprio la figura di Bodini; che fece una spettrale apparizione nel film di Bene, Don Giovanni (1971).

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