Manco p’a capa 113. Rispettare i limiti!

di Ferdinando Boero

Osserviamo le piramidi per età dei paesi africani: tanti giovani e pochi anziani! Passiamo all’Italia: tanti anziani e pochi giovani! Come mai? In Africa ci sono pochi anziani perché l’età media è bassa: si muore giovani, sono pochi a diventare anziani! In Italia, invece, viviamo a lungo, e le generazioni si sovrappongono.
In ecologia, una materia che un pochino padroneggio, esiste un concetto chiave: la capacità portante, il numero massimo di individui di una specie che un dato ecosistema è in grado di sostenere. Raggiunta la capacità portante, la popolazione non può continuare a crescere perché non ci sono risorse per il surplus di individui. Si raggiunge la stabilità demografica. Quale è il numero massimo di umani che il territorio italico può sostenere? Dopo la tragedia bellica, grazie agli aiuti del Piano Marshall e non solo, l’Italia si avviò alla ricostruzione e i vuoti demografici causati dalla guerra furono riempiti da iniezioni di fiducia nel futuro: la popolazione andò incontro a un rapido aumento. Sono nato nel 1951, quando eravamo 47 milioni, oggi siamo 59 milioni, dopo un picco di 60 milioni e 345 mila nel 2014. Ci stiamo stabilizzando.
La speranza di vita nel 1959 era di 65,5 anni, oggi è di 81 anni per i maschi e 85.3 per le femmine. L’automazione dei sistemi di produzione è diventata la regola: ci siamo liberati dal lavoro. Risultato: disoccupazione rampante, bassi salari e precarietà. Chi non trova lavoro è costretto ad accettare impieghi temporanei e sottopagati. Con le delocalizzazioni i sistemi di produzione si spostano dove la manodopera costa poco. Per le produzioni che non si possono delocalizzare, penso all’agricoltura, importiamo manodopera a bassissimo costo. I giovani che laureiamo non trovano lavoro e emigrano. Quelli che restano hanno poche speranze di un futuro migliore. Chi emigra fa figli, chi rimane no.

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