Itinerario di Girolamo Comi (Seconda parte)

di Antonio Lucio Giannone

  • La seconda fase della poesia di Comi

Nei primi anni Trenta, nelle edizioni “Al Tempo della Fortuna”,  Comi pubblica anche alcuni libri di poesia: Cantico del tempo e del seme (1930), Nel grembo dei mattini (1931), Cantico dell’argilla e del sangue (1933), Adamo-Eva (1935), nei quali, a giudizio di Arnaldo Bocelli, si assiste a una umanizzazione della sua visione, perché egli comincia a trovare i rapporti tra sé e quel mondo minerale e vegetale che prima aveva contemplato dall’esterno. “Quell’immaginismo, ‒ sostiene il critico ‒ e quel tanto di ermetico che è nel suo simbolismo, cedono via via ad una fondamentale nitidezza e precisione di impressioni, di sentimenti, di espressione: la parola, il ritmo, il verso cominciano ad acquistare una forza e un’armonia nuove”[1]. Queste raccolte verranno nuovamente antologizzate da lui nel volume Poesia (1918-1938), che esce nel 1939 con la casa editrice “Modernissima”.  Il libro, in realtà,  comprende liriche pubblicate dal 1931, oltre a 16 nuove, e rappresenta la seconda fase della poesia di Comi secondo una indicazione che dà lui stesso nella nota all’antologia del ’39. Qui egli scrive, infatti, che considerava la sua produzione precedente, quella dal 1918 al 1930,  “più come espressione e frutto di una ricerca e come la consumazione di un’esperienza della poesia, che come un vero e proprio ‘corpo poetico’ organico e costruttivo esente d’influenze e di ripetizioni”[2]. In effetti nella poesia di questi anni Comi passa, come scrive Raffaello Prati nella Prefazione al volume del ’39,   “da un senso di spiritualità cosmica al sentimento universale ma anche paterno e personale, quello di Dio Padre, percorso che è la traiettoria di tutta la sua poesia”[3].

Questo passaggio da una concezione immanentistica a una trascendente, ma di tipo ancora magico e antroposofico e infine a una integrale visione cristiana, è evidente in alcune liriche che fanno parte di Cantico dell’argilla e del sangue. Qui il verbo diventa veramente Verbo divino, come nella lirica intitolata appunto Il Verbo:

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