Superficiali per profondità. Così la vita trova un senso

 di Antonio  Errico

Qualche giorno fa è scomparso Pietro Citati.

A Giovanni Minoli che nel corso di un’intervista gli ricordava  che taluni  insinuavano una sua certa superficialità nell’approccio critico ai testi e agli autori,  Citati rispondeva così: “Amo molto i superficiali. Adoro la superficialità. La superficialità è leggerezza, eleganza, mobilità di pensiero”. Nella sua meravigliosa lezione americana sulla leggerezza, Italo Calvino sosteneva che la leggerezza si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Poi riprendeva quello che diceva Paul Valéry: bisogna essere leggeri con l’uccello, e  non come la piuma.

Dovendo immediatamente escludere, dunque, che per Citati superficialità fosse sinonimo di  scarsa profondità, genericità, approssimazione, imprecisione, trascuratezza, banalità, ovvietà, mediocrità, insipienza,   bisogna cercare di capire che cosa intendesse attribuendo a questa parola  il significato di leggerezza, eleganza, mobilità.

Forse intendeva qualcosa che si potrebbe definire con il titolo di un suo libro: una “mente colorata”. Forse intendeva un’intelligenza che si sostanzia di intuizione, discontinuità di ragionamento, trasversalità nell’ argomentazione, uno sguardo complessivo sui fenomeni e sulle cose, rigore senza rigidità, flessibilità, intuizione e creatività che a loro volta significano disponibilità alla rimodulazione del pensiero, alla riformulazione dei concetti, rifiuto della definitività delle conclusioni,  delle certezze assolute, delle decisioni irrevocabili.

Ma si potrebbe anche pensare che dietro – dentro – la parola superficialità ci sia la profondità di una consapevolezza: quella che tutto si disgrega, si sfarina, che lo scandaglio dei fondali non rivela altro che relitti, che il mare si può comprendere di più, meglio, oltre, guardando l’onda che s’increspa. Si potrebbe anche pensare che così si può comprendere meglio anche il tempo e che proprio con la superficialità del tempo si sia confrontato Leonardo quando ha scritto: “ L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene: così il tempo presente”.

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