di Giuseppe Virgilio
Il linguaggio e lo stile poetico italiano, non già la poesia, si è formato non prima del Settecento e dell’Ottocento, nel senso che è venuto perdendo aspetti del familiare e del quotidiano e si è determinata così la distinzione del linguaggio poetico da quello prosaico. Leopardi ce ne indica le ragioni in Zib.3416 : “(…) dovunque non è sufficiente antichità di lingua colta, quivi non può ancora essere la detta eleganza di stile e di lingua, nè linguaggio poetico distinto e proprio ec. ( 11 sett 1823)”.
Accade che, a differenza della poesia, la prosa si allontana dall’antico in quanto obbligata ad accostarsi all’uso corrente, cioè al familiare e al quotidiano, ma vi si accosta senza la spontaneità dell’arte propria dei classici, e perciò Dante e Petrarca furono nello stile più vicini dei cinquecentisti alla perfezione e lo stile poetico del Trecento quindi è superiore a quello del Cinquecento. In Zib. 3418 leggiamo: “(…) Del resto, il linguaggio e lo stile delle poesie di Parini, Alfieri, Monti, Foscolo è molto più propriam. e più perfettam. poetico e distinto dal prosaico, che non è quello di verun altro de’ nostri poeti, inclusi nominatamente i più classici e sommi antichi (…).(12 sett.1823.)”.
Due concetti, quasi per attrazione, hanno preso luogo nel pensiero di Leopardi: 1) l’antico, più che una categoria, è una fonte eterna del grande e del bello; 2) da quella fonte sgorga la poesia, somma dello spirito umano, la quale molto più dell’eloquenza, riempie l’animo di idee vaghe, infinite e vaste.