di Gianluca Virgilio
La persuasione e la “rettorica”. In questo modo Claudio Magris riassume il senso del celebre libro di Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica (1910), in Danubio, in Opere I, Meridiano Mondadori, Milano 2021, pp. 945-946: “La persuasione, ha scritto Michelstaedter, è il possesso presente della propria vita e della propria persona, la capacità di vivere a fondo l’istante senza l’assillo smanioso di bruciarlo presto, di adoperarlo e usarlo in vista di un futuro che arrivi più rapidamente possibile e dunque di distruggerlo in attesa che la vita, tutta la vita, passi velocemente. Chi non è persuaso consuma la propria persona nell’attesa di un risultato che ha sempre da venire, che non è mai. La vita come manca, come deesse, annientata di continuo nella speranza che la difficile ora presente sia già trascorsa, affinché sia cessata l’influenza, superato l’esame, celebrato il matrimonio o registrato il divorzio, terminato un lavoro, arrivate le ferie, giunto il responso del medico. Se spera sperando / che vegnarà l’ora / de andar in malora / per più no sperar.
La “rettorica”, ossia l’organizzazione del sapere, è l’enorme ingranaggio della cultura, il febbrile meccanismo dell’attività con il quale gli uomini incapaci di vivere riescono ad ingannarsi, a precludersi l’annientante consapevolezza della loro mancanza di vita e di valore, a non accorgersi del loro vuoto.”
La persuasione e la “rettorica”, ovvero due stili di vita.