di Tina Cesari
Vorrebbero essere queste, nelle intenzioni del Poeta, poesie alla buona, scritte alla spicciolata, citando e trascrivendo frammenti poetici da chi ha scritto molti secoli prima di lui, ovvero i classici, ed egli stesso definisce la sua poesia come la “bottega del rigattiere” dove, si sa, si può trovare di tutto, in mezzo alle cianfrusaglie di poco valore.
C’è una sorta di excusatio da parte di Vincenti, nei confronti del lettore, quando decide di dare il titolo a questa silloge giustificandola per il fatto che «ho iniziato a scrivere perché volevo cambiare il mondo» e «volevo cambiare la vita» ma poiché sono i «sogni di rivolta andati in fumo» e «il rock’n roll è finito, se non l’hai capito», non resta che scrivere, ma «scrivere è difficile»; quindi, ha provato a riportare alla luce e riproporre i poeti, quelli seri per intenderci, quelli della tradizione non solo classica, per forgiarsi uno stile e dare materia alla sua poesia.
Intanto, non si è reso conto che, prima rovistando e poi scrivendo Catalepton, ha semplicemente trovato ciò che già era presente nel suo immaginario poetico e i topoi della letteratura antica vengono rivitalizzati in maniera originale all’interno di un io caotico insofferente, sempre alla ricerca di qualcosa che possa dare tregua a una mente pensante, in attesa di un epifanìa che non verrà e alla ricerca spasmodica di un senso.
«Non sopporto che mentre io passo, tutto resta fermo», scrive Paolo, «e niente rimane com’era» perché «il tempo inscatolato non ridà niente indietro».