di Antonio Errico
Probabilmente non esiste creatura che non rivolga costantemente il pensiero al tempo: all’istante che vive, agli anni già vissuti, ai giorni che spera di vivere.
Perché il tempo è quella condizione che più di ogni altra ci appartiene, alla quale più di ogni altra apparteniamo.
Probabilmente, o certamente, la più intima. Il mistero più profondo della vita. Un giorno forse la scienza potrà riuscire anche a rivelare il senso essenziale di questo mistero. Ma forse non avrà parole, né numeri, né segni per poterlo raccontare, perché potrebbe essere scritto in una lingua del divino che gli uomini non potranno mai imparare.
In una pagina della Montagna incantata, Thomas Mann fa dire a Giovanni Castorps: “ Che cosa è il tempo? Un mistero; un mistero privo di essenza, inafferrabile e potente. Una condizione del mondo delle apparenze, un movimento congiunto e immedesimato all’esistenza del corpo nel suo spazio e nel suo movimento”. (Ma prima e sopra ogni altra riflessione sul tempo, c’è quella meravigliosa che Agostino elabora nelle “Confessioni”.)
Il tempo che va e il tempo che viene non sono altro che lo stesso tempo separato soltanto dal pensiero che al suo andare e venire dedichiamo. Niente di più e niente di meno. Non è altro che un respiro impercettibile del tempo infinito che si manifesta con le sembianze che ci sono consuete, famigliari, con le storie che si portano dentro le stagioni che attraversiamo nel corso del viaggio.