di Alessio Paiano
In Lei che non tocca mai terra, NN Editore, Milano 2021, Donaera cala il lettore in una dimensione in cui il Male non è solo concesso ma auspicabile, e riguarda indistintamente tutti i soggetti coinvolti. Se ogni autore mira a creare, più che una storia, un proprio universo, Donaera assimila perfettamente il magistero di quegli scrittori consapevoli del destino provvisorio di ogni singola (benché geniale) intuizione; fin dai tempi ormai remoti di Dostoevskij, Kafka e Poe, e ai più recenti García Márquez, Saramago e King, è l’agire la scrittura come serialità e non come eventualità a determinare un legame indissolubile tra lettore e autore. In tutti gli altri casi la singola opera può farsi caso epocale o generazionale, ‘giovani Holden’ che restano nella memoria di ogni tempo ma che si esauriscono come unica e ultima possibilità, perché l’universo autoriale si consuma nel personaggio e non viceversa. Donaera, dicevamo, mira evidentemente a consolidare una sua dimensione inestinguibile, e per farlo manipola ciò che gli è più vicino: la sua storia personale che qui emerge prepotentemente (tanto da evocare, durante un dialogo fra i protagonisti, il proprio nome e cognome) e il suo territorio d’origine, limitato stavolta alla sua città natale, Gallipoli. Più volte si è sottolineato come il Salento delineato da Donaera si discosti nettamente dall’intento turistico da cui è scaturita la svendita del suo immaginario, troppo spesso depredata nel dilettantismo bozzettistico e in quel cieco campanilismo che già Carmelo Bene in Nostra Signora dei Turchi (1966) denunciava come mero servilismo nei confronti di colonizzatori, a tempo determinato, di una terra ridotta a specchietto per turisti-allodole. Una nuova possibilità pare allora provenire da una nuova generazione di scrittori che mettono in discussione l’identità data e (ormai da troppo tempo) immobile: dall’ultimo Brucia l’aria di Omar di Monopoli (Feltrinelli, 2021) a Sangue di Giuda di Graziano Gala (Minimum Fax, 2021), insieme al nostro Lei che non tocca mai terra, la sfida è di rendere credibile una nuova tavolozza del territorio. Per questo, per comprendere davvero questo romanzo di Donaera, un legame andrà cercato non solo con i sempiterni maestri salentini (Bodini, Bene, Durante, Toma) ma con l’arte cinematografica più recente e preponderante, quella della serie tv: Lei che non tocca mai terra dialoga allora con Twin Peaks (come sottolineato più volte dallo stesso Donaera), ma anche con Stranger Things, Breaking Bad, Dark. È in questo tipo di serialità che il discorso narrativo si può ancora rinnovare inglobando linguaggi ed esistenze differenti, e non a caso i protagonisti del romanzo, tutti appartenenti alla categoria ‘Millennials’, sono in grado di deformare il senso classico del narrare mediante un eloquio vivo e sorprendente.