di Gianluca Virgilio
Ho letto il libro di Antonio Sedile poco prima dell’inizio della scuola, come un esercizio di preparazione all’incontro con gli studenti, dopo la pausa estiva. S’intitola Ragazzi a margine. Riflessioni psico-pedagogiche sugli adolescenti omosessuali, Manni, San Cesario di Lecce 2012, pp. 160. Sebbene, infatti, il titolo e il sottotitolo facciano pensare che il campo d’indagine dell’autore riguardi solo gli adolescenti omosessuali, i ragazzi a margine appunto, questo è per me un libro sulla vita scolastica in generale, sul modo in cui l’adulto e il giovane vivono l’esperienza fondamentale della loro vita, quella che lascerà un segno nel percorso esistenziale futuro di ciascun individuo, la scuola. L’autore è un docente e fonda il proprio saggio sulla propria esperienza di insegnante e di ex-studente, oltreché su di una molto accurata ricerca sul campo. Pertanto, l’analisi saggistica si svolge per così dire dall’interno dell’istituzione scolastica, di cui si mettono allo scoperto i meccanismi inceppati, le zone d’ombra, i difetti di manutenzione.
Al centro del discorso possiamo individuare due figure: lo studente e il docente.
All’inizio della scuola, lo studente si vede calato d’autorità in un gruppo di pari che non ha scelto e con cui è costretto a convivere per un certo numero di anni. Convivere, ovvero competere (soprattutto in questi ultimi tempi!), in un sistema-classe chiuso, in cui si è obbligati a rimanere e in cui quello che conta, come nota Sedile, è il voto, la promozione. Chi si meraviglia se il disagio inevitabile che ne deriva prende l’aspetto della violenza ed in particolare della violenza omofobica? La prima vittima di uno stato violento è l’omosessuale, il gay o la lesbica, laddove la morale imperante è quella rigorosamente eterosessuale. Sedile è bravissimo nella descrizione della psicologia devastata dell’omosessuale che vive la sua vita scolastica in clandestinità e non riesce a venire allo scoperto, non può farlo sotto pena di essere schernito come diverso, e preferisce consumare dentro di sé un desiderio inammissibile. Qui il bullismo omofobico trova pane per i suoi denti, soprattutto laddove non è subito contrastato da interventi decisivi di alcuni elementi del gruppo dei coetanei e dei professori. Il suicidio diventa per la vittima l’unico orizzonte visibile della liberazione, come dice Sedile, “lo scacco matto all’identità omosessuale” (p. 43).