di Biagio Virgilio
Fra III e I secolo a.C. e oltre, sulla regalità ellenistica si sviluppa un fitto dibattito teorico (ma con risvolti pratici) che, pur potendo essere riallacciato al pensiero politico greco filomonarchico del IV secolo a.C. (per esempio, Isocrate), se ne distacca radicalmente per la prospettiva e per le finalità: non si tratta più di verificare la idoneità del regime monarchico nel quadro delle leggi e della polis, ma di dettare le regole della regalità (basileia) e le norme di comportamento del re (basileus) ideale, fornire la giustificazione del suo potere conformandolo all’etica greca, alla prassi del potere autocratico del re e alla realtà dei nuovi regni ellenistici, vasti, multietnici e multiformi[1]. I re ellenistici erano spesso essi stessi promotori o destinatari di scritti Sulla regalità (Περὶ βασιλείας), che si inseriscono non solo nel quadro topico dei rapporti fra re e filosofo consigliere, ma anche nell’àmbito della più generale politica di promozione culturale, tecnica e scientificca patrocinata dai re ellenistici[2], rispondendo infine alla esigenza del re di ordinare il regno, di formare il consenso e di rendere il suo potere accettabile a tutti, Greci e non-Greci.
I primi trattati Perì basileias di cui si ha notizia provengono dalla Accademia e dalla scuola aristotelica, destinati alla corte macedone che avrà in Antigono II Gonata (276-239 a.C.), di formazine stoica, un re particolarmente sensibile alla riflessione sulla regalità e al suo esercizio come servizio nei confronti dei sudditi. Ne è testimonianza l’ammonimento che Antigono rivolse al figlio che maltrattava dei sottoposti: «non sai, o figlio, che la nostra regalità è una onorevole servitù?»[3].
La prassi dei trattati Sulla regalità si estenderà ben presto alle altre scuole filosofiche e alle altre corti ellenistiche, dove il ruolo del filosofo consigliere del re diventa istituzionale e caratterizzante a tal punto che nella tradizione etnografica ellenistica era raccolto l’aneddoto sul re indiano Amitrochates (= Bindusāra Amitraghâta, il padre di Ašoka) che avrebbe fatto pervenire al re Antioco I di Siria (281-261 a.C.) la richiesta di inviargli vino dolce, fichi secchi e un filosofo, ricevendo dal re Seleucide la risposta che non era consuetudine dei Greci fare commercio di filosofi[4]. La vasta produzione ellenistica dei trattati Perì basileias è quasi del tutto scomparsa nel più generale naufragio della storiografia ellenistica. Di tale produzione possiamo farci un’idea, per esempio, dai soli titoli superstiti e dai nomi degli autori citati per le ragioni più varie nei Sofisti a banchetto (Deipnosophostai) di Ateneo di Naucrati (II secolo d.C.). Di fronte a una perdita così radicale dei trattati sulla regalità, la Lettera di Aristea a Filocrate può fornire utili spunti di riflessione.