di Giuseppe Virgilio
Dialettologia e minoranze linguistiche
La Grecìa salentina
La Costituzione della Repubblica italiana, dopo aver affermato nell’art. 3 che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza distinzione di lingua, recita all’art. 6: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Si intende per minoranza linguistica l’insieme di persone che in uno Stato si differenzia dalla maggioranza per la lingua e, rispetto al territorio, perché occupa un’area in cui si parla tradizionalmente da secoli una lingua diversa da quella italiana, oppure un dialetto che non è considerato italiano. In Puglia vi sono tre isole linguistiche: Faeto e Celle di S. Vito in provincia di Foggia fondate dagli Arpinati (parola formata da tre radici preindoeuropee: har = pietra; pre = sotto; tan = abitante), montanari che sono emigrati dalle valli alpine nei primi secoli dopo il Mille e parlano ancora il dialetto franco-provenzale, Casalvecchio di Puglia e Chieuti sempre in provincia di Foggia, di ceppo albanese, e la Grecìa, un gruppo di nove comuni di lingua greca nella regione salentina (Calimera, Castrigniano, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino). Gerard Rohlfs ritiene che l’elemento linguistico greco sia una sopravvivenza della Magna Grecia, in quanto si è inserito nell’Italia meridionale sin dal V secolo a. C. e si è in misura consistente rafforzato durante il periodo bizantino. Soltanto nel XIII secolo, difatti, incomincia la latinizzazione dell’isola linguistica del Salento. Nel secolo XVI si registrano in Puglia ventisette paesi di lingua greca che si riducono a quindici nel XIX secolo. Oggi [1978] i grecofoni dell’isola salentina sono circa quindicimila e per di più in via di estinzione, se si pensa che nei nove comuni grecanici dinanzi citati conoscono il grecanico soltanto gli abitanti da cinquant’anni in su, e parecchi di essi lo comprendono ma non lo sanno parlare.