di Ferdinando Boero
“Luciana, hai visto l’intervista di Lilli Gruber a Conte?” e lei: “non vedo mai quella trasmissione, a quell’ora sono quasi sempre fuori”. Luciana è Luciana Castellina, classe 1929. Con lei ho collaborato ad alcune iniziative de “Il Manifesto”, ma non l’avevo mai incontrata. Ci siamo visti a Lecce, durante un’iniziativa di ARCI sulla Natura a Scuola. Luciana mi ha invitato per tenere una conversazione con lei. Come si fa a dire no a Luciana Castellina? È arrivata in treno, da sola. Sono andato a prenderla alla stazione e siamo andati a cena con un gruppo di amici che a volte si chiamano compagni. Eravamo cinque, e se ne sono andate due bottiglie di primitivo. Una serata indimenticabile, a parlare di tutto con Luciana, che non ha visto tutto, ma quasi. Il giorno dopo incontriamo due classi di liceali. Durante l’incontro abbiamo parlato di molte altre cose, oltre alla Natura a Scuola, e abbiamo sentito alcune testimonianze di studenti stranieri. Tra cui una giovane donna afgana. Le hanno chiesto della situazione delle donne, e lei ha raccontato di cose terribili, non riuscendo a trattenere le lacrime. Per rincarare la dose le ho chiesto della musica. L’ho chiesto perché mi è venuta in mente la musica più triste che conosco (Watermelon in Easter Hay, di Frank Zappa ).