di Guglielmo Forges Davanzati
E’ stato recentemente pubblicato uno studio della Banca d’Italia, a firme di Luciano Aimone Gigio e altri, sull’evoluzione dell’occupazione negli Enti territoriali a partire dal 2008. Ne emerge un quadro poco rassicurante per il Mezzogiorno. A partire dagli anni Duemila, si assiste, infatti, a una graduale e significativa riduzione del personale nella pubblica amministrazione, motivata con l’obiettivo di ridurre i costi per contenere la dinamica del deficit pubblico. Fino al decennio precedente nelle amministrazioni meridionali lavorava un numero di dipendenti in rapporto agli abitanti più elevato rispetto al Centro-Nord. Da allora si assiste a un graduale allineamento che porta gli uffici pubblici del Sud (in particolare le Regioni a statuto ordinario) a disporre mediamente di meno personale. La penalizzazione riguarda in particolare i Comuni di più grandi dimensioni, così che si stabilisce che il taglio di spesa è stato più intenso a danno del Mezzogiorno.
Le retribuzioni sono rimaste sostanzialmente invariate dato il blocco della contrattazione a partire dal 2015. Per quanto attiene alla struttura del personale nelle amministrazioni comunali del Mezzogiorno è stato più frequente il ricorso a forme contrattuali flessibili che hanno gradualmente portato a una maggiore presenza di lavoratori con stipendi più bassi. Il calo assoluto dei dipendenti è stato più marcato al Sud e nelle isole, con livelli simili di uscite per pensionamenti. Ciò a dire che le amministrazioni meridionali hanno potuto assumere meno negli ultimi anni quando sono stati progressivamente allentati i vincoli sul ricambio del personale. Da notare che gli ingressi sono principalmente avvenuti tramite la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, mentre al Centro-Nord era più diffusamente utilizzata la strada dei concorsi.