di Guglielmo Forges Davanzati
In Italia la produzione industriale continua a perdere terreno. A febbraio, secondo le stime del Centro studi di Confindustria, la contrazione è stata dello 0.3 per cento, che fa seguito al calo dello 0,8 per cento di gennaio. È un dato che non tiene ancora conto della guerra in Ucraina e dell’impatto, in particolare, su due fronti. In primo luogo, l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici (non solo gas, ma anche rame, alluminio, acciaio e prodotti bituminosi), che potrebbero restare eccezionalmente alti per molto più tempo del previsto; in secondo luogo, l’effetto di calo della domanda per i settori più esposti, tipicamente moda e turismo.
Le conseguenze sui tasso di inflazione, citate anche dal recente Rapporto del Fondo Monetario internazionale, si fanno già sentire per le famiglie più povere per le quali il reddito è fisso: un allargamento del conflitto avrebbe conseguenze devastanti. La variazione acquisita (ovvero quella che si avrebbe nel caso di crescita nulla a marzo) è pari a meno 1 per cento. Una evidente inversione rispetto a quanto fatto registrare nel terzo trimestre 2021 (+ 1%). Il Centro studi di Confindustria pone l’accento soprattutto sull’aumento dell’incertezza connesso alla guerra in corso e le aspettative pessimistiche degli imprenditori potrebbero portare a un ulteriore calo degli investimenti. Alimentari, moda, mobili, legno, metalli sono i prodotti più esportati a Mosca, seguono la meccanica, la meccatronica e l’agroalimentare. La crisi ucraina frena anche le importazioni: si stima, a riguardo, che sono coinvolti circa 12 miliardi di forniture, pari al 3% delle importazioni nazionali. Sono a rischio il gas naturale (la cui dipendenza italiana è pari al 58%) petrolio e altri metalli, fra i quali ferro, metalli preziosi, antracite, rame) e cereali.
È anche importante sottolineare come le ricadute economico-finanziarie non siano neutrali fra le due sponde dell’Atlantico: dall’inizio dell’attacco russo a inizi marzo, l’indice Standard & Poor 500 a Wall Street sale del 2.4% e il Nasdaq del 2.1%, mentre in Europa le Borse hanno perso il 20% e Milano il 13%.