di Massimo Galiotta
L’evento dedicato al genio plasticatore di Galatina torna, con un secondo appuntamento necessario, fisiologico: dopo la ricorrenza dello scorso 2021 (il settantesimo anniversario della morte), quest’anno ricorre il 130° dalla nascita dell’artista. L’incontro in memoria di Gaetano Martinez (Galatina, 1892-Roma, 1951) non è una conferenza fine a sé stessa ma un esperimento didattico perfettamente in linea con il principio dell’apprendimento attivo, coinvolgente, secondo strategie comuni alla “buona scuola” di oggi. Dunque non una conferenza ma un workshop in cui gli alunni del Liceo Artistico di Galatina proveranno a cimentarsi con un modello nuovo, confrontandosi con un mondo dell’arte ancora oggi impantanato tra sfera accademica e cono d’ombra della non-accademia: una cultura mediocre fatta di orticelli che ognuno di noi coltiva ancora sotto i condizionamenti di una “sindrome dello scolaro” mai sradicata. Eppure oggi serve altro. È necessario avviare processi di personizzazione[1] anche sul “pianeta arte”, ossia «la costruzione di relazioni che permettano di portare a termine un lavoro impedendo l’indifferenza, la manipolazione […] la menzogna e l’omissione che così spesso abitano i rapporti professionali» (Schein & Schein, 2019).
La disamina dell’opera scultorea si concentra principalmente su alcune prove che Martinez conduce nei primi anni del suo definitivo trasferimento a Roma: Caino del 1922 e Lampada senza luce del 1928. Del resto prendere in analisi l’intera produzione dello scultore galatinese, come avviene per molti artefici della storia dell’arte, è un compito complesso, sia per la varietà di soggetti affrontati lungo la sua carriera, sia per le influenze subite che condussero Martinez ad una ricerca e ad un approccio personalissimi, collocandolo lontano dagli stereotipi di gruppi e correnti protonovecentesche: tra le cosiddette avanguardie e le conseguenti anti-avanguardie.