di Annalucia Cudazzo
Nel volume Scritture meridiane. Letteratura in Puglia nel Novecento e oltre, (Lecce, Edizioni Grifo, 2020) Antonio Lucio Giannone riunisce ventidue interventi che testimoniano, fra l’altro, la sua instancabile volontà di riscattare la cultura pugliese da falsi pregiudizi che su di essa hanno a lungo gravato per via della posizione geograficamente periferica. Nel corso della sua intensa attività di ricerca, Giannone ha saputo seguire, con esiti notevoli, il solco tracciato da Donato Valli, ereditando dal suo maestro lo spirito di servizio «a favore della comunità e del territorio salentino» (p. 154), che lo ha spinto a fare della letteratura meridionale uno dei filoni principali dei suoi studi. Articolato in cinque sezioni (I. Dal futurismo alla poesia visiva; II. Tra versi e prosa; III. Maestri e amici; IV. Occasioni di lettura; V. Epilogo), il volume, nello specifico, delinea un dettagliato quadro della vivacità artistica e culturale della Puglia del Novecento e degli ultimi decenni, in una prospettiva che mette costantemente in rapporto lo scenario regionale con il più ampio panorama italiano.
Tali aspetti emergono già dalla lettura della prima sezione, intitolata Dal futurismo alla poesia visiva. Nel saggio d’apertura, Giannone demolisce con acribia alcuni luoghi comuni relativi alla diffusione del futurismo in Puglia: per molto tempo, infatti, si è erroneamente creduto che il movimento si fosse diffuso solo nei maggiori centri culturali e nelle aree della penisola più avanzate dal punto di vista industriale e che quindi regioni economicamente arretrate e basate principalmente sull’agricoltura non avessero potuto recepire le novità futuriste. A dispetto di ciò, l’autore dimostra che non solo la cultura pugliese non rimase estranea al movimento ma a esso fornì addirittura un apporto considerevole ed esteso nel tempo; inoltre, nell’esperienza futurista furono coinvolti alcuni fra i più autorevoli scrittori pugliesi, tra cui Michele Saponaro, che pubblicò il Manifesto di Marinetti sul periodico napoletano «La Tavola Rotonda» di cui era redattore, in anticipo di ben sei giorni rispetto al quotidiano «Le Figaro», e Vittorio Bodini che, stanco dell’arretratezza della sua provincia, decise di fondare, nel 1932, il Futurblocco leccese.