di Giovanni Invitto
1. La “filosofia” di Totò
Come stiamo affermando dalle prime pagine di questo volume, parlare di filosofia e cinema è diventato uno dei nuovi luoghi del pensiero occidentale. Ormai non si contano i volumi, i convegni, i corsi universitari dedicati a questo binomio che non suscita più meraviglia né perplessità. Ma moltissimi, sicuramente, inorridirebbero se dovessero sapere che si parla di “filosofia” a proposito di Totò, cioè del comico napoletano Antonio De Curtis.
Eppure il rilancio dell’opera di Totò avvenne tramite un libro scritto a quattro mani da Franca Faldini, per quindici anni compagna dell’attore, e Goffredo Fofi[6]. Siamo nel 1977, nel cuore degli anni di piombo; l’editore è Feltrinelli, uno degli editori in quella stagione maggiormente impegnati nella cultura politica da alcuni definita innovativa, da altri eversiva. Conviene parlare di Fofi: egli ha contribuito alla nascita di riviste storiche come i Quaderni Piacentini, La Terra vista dalla Luna, Ombre rosse, Linea d’ombra dove ha sempre coniugato realtà sociale e sua rappresentazione artistica[7].
Eppure Totò, il guitto, la marionetta, il comico per antonomasia, pare essersi preso una bella rivincita dopo la morte, anche grazie al recupero della malleveria di quel Pier Paolo Pasolini che lo volle protagonista a tutto campo di Uccellacci e uccellini (1966)e dell’episodio Cosa sono le nuvole? (1967)in Capriccio all’italiana. Tutti film girati poco prima che Totò morisse.