di Antonio Lucio Giannone
Antonietta e i Borboni, pubblicato dall’editore Capone di Cavallino nel 1998, [ristampato da Avagliano di Roma nel 2005], con cui la leccese Emilia Bernardini esordisce nella narrativa (nel 1994 aveva pubblicato un libro di poesie, Mal di luna), rientra, come chiarisce lo stesso sottotitolo, nel filone del “romanzo storico”, un genere nato nell’Ottocento, ma che può vantare illustri esemplari anche nel nostro secolo. Per essere ancora più precisi, essa si colloca a metà strada tra un romanzo storico e una biografia romanzata, anche questo un genere assai coltivato nel Novecento, dal momento che qui si narra, come scrive l’autrice nell’Introduzione, la «vera storia» di Antonietta de Pace, una delle figure più note della lotta risorgimentale nel Mezzogiorno, alternando, con notevole equilibrio, la ricostruzione storico-documentaria all’invenzione letteraria.
Il libro, che si legge tutto d’un fiato, nonostante la mole, copre un periodo di quasi settant’anni, durante i quali le vicende della protagonista, nata a Gallipoli nel 1818, s’intrecciano strettamente con gli avvenimenti storici della nazione. E sono, come tutti sanno, avvenimenti fondamentali per la storia d’Italia: dai moti del ‘48 allo sbarco dei Mille, dall’unità all’annessione di Roma. La Bernardini, che è pronipote della de Pace, segue i momenti pubblici ma anche quelli privati dell’avventurosa vita della sua ava con un’ammirazione non dissimulata, ma che emerge anzi chiaramente da queste pagine e che a giusta ragione Michele Prisco nella Presentazione definisce «empatia», cioè quasi un’identificazione totale con questo personaggio.
La fabula ha inizio dunque nel 1831, anno al quale risalgono tre
lettere che si finge siano spedite dall’adolescente Antonietta, dal paese
natio, alla sorella Carlotta, ammalata e in cura alla Selva di Fasano. E già
questo è un modo originale, da un punto di vista narrativo, di presentare la
protagonista, anzi di farla presentare ai lettori direttamente da se stessa,
mentre in seguito la narrazione sarà condotta sempre in terza persona. Dalle
lettere emergono infatti alcuni aspetti del suo carattere, come la vivacità,
l’anticonformismo, l’apertura ai problemi degli altri.
Ma una funzione assai importante, ai fini della delineazione della sua
personalità, svolgono anche le pagine seguenti, che narrano del viaggio
compiuto da Antonietta insieme ai genitori nelle terre paludose di Ugento, di
proprietà della madre, per prestare soccorso ai contadini, afflitti da malattie
endemiche come il tifo e la malaria. E qui la visione delle terribili
condizioni di vita degli abitanti di queste zone rappresenta quasi una presa di
coscienza per la giovane. Come pure un ulteriore momento di maturazione per lei
è costituito dalla conoscenza della storia di una popolana, Tonina, la “donna
del pilone”, che le fa prendere la decisione di dedicarsi agli studi giuridici
per difendere i più deboli e gli indifesi.