di Giovanni Invitto
Il dibattito su cinema e filosofia si è riaperto anche in Italia con estrema varietà di toni. Un momento centrale fu costituito dal Convegno tenuto a Francavilla a Mare, nel settembre 2005. Ideatore e curatore ne fu Carlo Tatasciore, per conto della Società Filosofica Italiana[60].
1. Filosofia e racconto
Il tema cinema-filosofia rinvia ad un quesito più generale: che rapporto è tra filosofia e narrazione[61]? Infatti, il problema è che la filosofia occidentale dimentica la propria essenza di racconto; ha adoperato per secoli prevalentemente i generi del sistema e del trattato, ritenendo il suo esoterismo compagno di verità e di profondità. Allora la questione è se i generi narrativi, che pure sono stati sempre presenti nella filosofia, stiano semplicemente ad indicare una pluralità di possibilità espressive della filosofia o se oggi, con la caduta del primato se non della esclusività di alcuni modelli, non possano costituire una delle vie privilegiate.
È stato Umberto Curi a radicalizzare il discorso e a ricordarci che, secondo Protagora e Platone, ci sono due forme di dimostrazione: il logos e il mythos,che non è narrazione fantastica destituita di verità, ma racconto, narrazione. Il contenuto del mythos non è e non può essere giudicato pregiudizialmente né vero né falso, poiché si dovrà valutarne volta per volta l’attendibilità[62].
Quindi non si tratta di un abuso, di un uscire fuori dai canoni quando proprio la filosofia si presenta come narrazione, come narrarsi. La filosofia ha avuto i suoi generi più direttamente narrativi nei secoli scorsi e non solo ora. Essi sono il dialogo, la mitologia, l’autobiografia, la confessione, il romanzo, il diario, il teatro, il frammento, l’aforisma, l’epistolario…
Il frammento 7 di Novalis afferma:
Ogni parte del mio libro che può essere scritta in maniere estremamente diverse – in frammenti, lettere, poesie, articoli rigorosamente scientifici, ecc. – dedicata ad uno o ad alcuni dei miei amici[63].