di Francesco D’Andria
Con il passare degli anni, un altro grande tesoro si va accumulando, a disposizione di quanti vogliano conoscere le storie di questa terra: un tesoro di carta, formato da libri e articoli, pubblicati in Italia e fuori. Protagonisti di una tale straordinaria avventura del Sapere sono le antiche città del Salento, quelle in cui la cementificazione ed il consumo scriteriato di suolo non hanno ancora completamente distrutto il patrimonio non rinnovabile dell’archeologia: da Rudiae a Oria, Manduria, Cavallino, Muro, Alezio, Vaste e tante altre. Si tratta di città che hanno una risorsa in più, costituita dalle loro radici, che risalgono al periodo in cui i Messapi avevano creato una civiltà originale, con una lingua che tradiva le loro origini balcaniche, con una spiccata creatività, che si manifestava in oggetti come le trozzelle, vasi per l’acqua carichi di una simbologia femminile, con un modo di concepire la città e le campagne, rispettoso delle linee del paesaggio naturale.
Protagonisti di questo decisivo incremento di conoscenze scientifiche, senza precedenti nella storia del Salento, sono tutti i ricercatori che si dedicano a far emergere dall’oscurità questa ricchezza; molti sono giovani e la loro energia si esercita nell’Ateneo salentino, altri lavorano negli istituti del CNR, come quello delle Scienze per il Patrimonio Culturale (ISPC), nelle Soprintendenze, sempre in travaglio di trasformazione, da parte di un Ministero della Cultura che non trova pace, nel MaRTA di Taranto e negli istituti stranieri come la Libera Università di Amsterdam.