Su L’Oratorio della Peste di Raffaele Gorgoni

di Antonio Lucio Giannone

L’Oratorio della Peste. Il segreto di Lecce (Nardò, Besa, 2005) è la seconda prova narrativa di Raffaele Gorgoni, dopo Lo scriba di Càsole. Il segreto di Otranto, pubblicato sempre da Besa nel 2004. Anche in questo caso si tratta di un romanzo storico, ma mentre quello era ambientato a Otranto e in altri centri europei alla fine del Quattrocento, questo invece è ambientato a Lecce e in altre città italiane ed europee intorno alla metà del Seicento. Siamo cioè nel siglo de oro della città, al tempo della straordinaria fioritura del barocco, che ha dato a Lecce la sua inconfondibile fisionomia, o, per usare un’espressione di Vittorio Bodini, nelle “viscere del Seicento”. Per l’esattezza, le vicende narrate nel romanzo coprono un arco di tempo di quasi dieci anni, dal 1647 al 1656, anzi, per essere ancora più precisi, dal 21 giugno del 1647 al 26 agosto del 1656. Perché queste due date? Perché esse, a giudizio di Gorgoni, segnano due avvenimenti importanti della storia di Lecce che sono alla base  del suo destino, se così possiamo dire, o del suo “segreto”, come chiarisce l’autore nel sottotitolo. La prima data fa riferimento ai moti antispagnoli scoppiati nel capoluogo salentino in seguito anche alla suggestione della rivolta napoletana di Masaniello e sedati con prontezza e coraggio e senza spargimento di sangue dal vescovo Luigi Pappacoda. La seconda data si riferisce invece alla solenne proclamazione di Sant’Oronzo a patrono di Lecce, con una scenografica cavalcata per le vie della città, sempre ad opera di  Pappacoda.

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