di Paolo Vincenti
Studioso competente quanto umile, seppe interpretare il proprio operare culturale come un servizio, nel senso più alto e nobile del termine. Non cercava le luci della ribalta, era uomo estraneo a certi protagonismi, del tutto immune alle lusinghe che l’ambiente letterario sa dispensare ai suoi protagonisti. Parliamo del professor Osvaldo Giannì, a sette anni dalla sua scomparsa.
Nato nel 1937, si era laureato in Lettere Classiche nel 1963 presso l’Università di Bari. Chiari e ben delineati i suoi interessi di studio fin dall’inizio: la lingua e la poesia dialettale salentina, in particolare tavianese. La figura di Orazio Testarotta accompagna la sua carriera. Ancor di più, quella di Sebastiano Causo, tanto che la sua bibliografia si apre e si chiude con questo nome: ne scrive su “Nuovi Orientamenti” nel 1978 e su “Presenza Taurisanese” nel 2010. Apprezzato docente, ha insegnato per una vita Lettere, nel Ginnasio del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Casarano.
Si coniugano in lui l’amore per la propria terra, il paesello che non abbandonò mai, e la cura filologica dello studioso di rango, che volle salvare dall’oblio il vasto repertorio delle voci popolari del suo paese, quei poeti e prosatori dialettali che dovevano essere ai suoi occhi custodi del mos maiorum. All’acribia dello studioso si univa la semplicità dell’uomo, in un connubio che anche nei periodi più duri della malattia non ebbe a dissolversi. Vecchia scuola, padroneggiava la lingua italiana con una scrittura bella, chiara, lontana da manierismi e astrusità. È morto nel gennaio del 2012.