Dalla regione alla nazione: studi letterari di Emilio Filieri

di Gianluca Virgilio

Con un tempismo encomiabile, nel maggio 2011, l’anno delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Emilio Filieri, docente di Letteratura italiana presso le università di Bari e del Salento, ha dato alle stampe per la casa editrice Progedit di Bari un volume dal titolo Letteratura e Unità d’Italia. Dalla regione alla nazione, pp.  143, con Prefazione di Grazia Distaso.

Il volume, pubblicato nella collana Letterature diretta da Ettore Catalano, già nella seconda parte del titolo, Dalla regione alla nazione, denuncia la sua appartenenza a quel filone di studi di italianistica, che risale allo studioso unanimemente considerato come il fondatore della scuola storica lupiense, Mario Marti, autore di un volume dal titolo molto simile, Dalla regione per la nazione, edito da Morano di Napoli nel 1987, nel quale Marti teorizzava la necessità di studiare la letteratura locale in un orizzonte nazionale. Filieri è nel solco di questa tradizione attraverso la mediazione del suo maestro Gino Rizzo (allievo a sua volta di Marti), come evidenzia la Distaso nella Prefazione e come si evince dalle pagine (Da Terra d’Otranto alla nazione. Il Settecento di Gino Rizzo, pp. 88-117) dedicate dall’allievo al maestro nella terza parte del volume e che costituiscono una completa ricostruzione dell’opera di Rizzo.

Il volume è diviso in tre capitoli, nei quali l’ordine menzionato nel titolo, Dalla regione alla nazione, sembra invertito: dalla nazione alla regione. Si parte, infatti, nel primo capitolo, con un saggio dal titolo Contro barbari e tiranni: “Uno il core, uno il patto, uno il grido”. Il Garibaldi di Carducci tra mito e poesia, dedicato a Giosue Carducci, cantore di Garibaldi e delle sue imprese e soprattutto “poeta della patria nell’Unità” (p. 29). A Carducci, scrive Filieri, “forse le generazioni successive debbono un tributo, di memoria e di conoscenza, gnoseologico, un merito conoscitivo profondo, di ricerca interiore del giusto e del vero, di scelta tra ferite e cicatrici, di là dai dogmi e da ogni potere dispotico” (p. 48).

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