Gli scrittori italiani e la grande guerra

di Antonio Lucio Giannone

            Nel mio intervento traccerò un panorama delle diverse posizioni che gli scrittori e, più ampiamente, gli intellettuali italiani assunsero nei confronti dell’intervento italiano nella prima guerra mondiale e poi mi soffermerò su alcune dirette testimonianze letterarie, secondo lo spirito di questo Seminario di studi. Ovviamente farò solo qualche esempio delle varie posizioni, scelto tra quelli più significativi, essendo impossibile coprire l’intero e variegato panorama. Per questo  non posso fare altro che rinviare ad alcuni imprescindibili testi di riferimento. Innanzitutto l’ormai classico volume di Mario Isnenghi, Il mito della grande guerra, uscito per la prima volta nel 1970 con l’editore Laterza di Bari, con cui ebbe anche una seconda edizione nel 1973, e poi ripubblicato dalla Casa editrice Il Mulino di Bologna nel 1989. Isnenghi, in questo innovativo lavoro, tracciava una vera e propria storia degli intellettuali italiani, che vedevano nella guerra e nel mito della guerra una grande rigeneratrice occasione, un farmaco psicologico per i bisogni dell’io e un mandato sociale per il piccolo-borghese inquieto. In campo più specificamente letterario, più recente è  Le notti chiare erano tutte un’alba. Antologia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale, a cura di Andrea Cortellessa, la più completa antologia ragionata delle poesie italiane sulla grande guerra. Di questo volume mi servirò più avanti anche per leggere alcuni testi. Ancora più recenti, del 2008, sono Scrittori in trincea. Le letteratura e la Grande Guerra, a cura di Fulvio Senardi, edito da Carocci nel 2008, una raccolta di contributi sulle tracce  che la Grande guerra ha lasciato nella letteratura europea, e Il secolo di fuoco. Introduzione alla letteratura di guerra del ‘900  di Umberto Rossi, edito da Bulzoni sempre nel 2008.

            Intanto, com’è noto, quasi tutti gli intellettuali italiani si schierarono a favore dell’intervento italiano in guerra, sia pure con motivazioni diverse. Essi, come ha scritto Giulio Ferroni, videro nella guerra

una sorta di fuoco sacrificale e vivificatore che avrebbe temprato una nuova umanità, in una sintesi tra l’individualismo più esasperato e lo spirito collettivo e nazionale. Quella tragedia insensata apparve come una grande scena in cui poteva affermarsi il soffio vitale della modernità; il vecchio mondo, con i suoi equivoci e i suoi falsi equilibri, sarebbe stato definitivamente liquidato e ci si sarebbe proiettati in un futuro libero e aperto[1].

Questa voce è stata pubblicata in Letteratura, Scritti letterari di Antonio Lucio Giannone e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *