di Rosario Coluccia
Nei media delle settimane scorse, per le ragioni note a tutti, abbiamo incontrato spesso la parola talebano. Dall’Enciclopedia Treccanionline traggo la voce, molto ampia e ben articolata, che riproduco solo in parte: «Talebani (o Taliban).Gruppo di fondamentalisti islamici formatisi nelle scuole coraniche afghane e pakistane … Dalla primavera 2021, a seguito del progressivo ritiro delle truppe NATO, il gruppo fondamentalista ha scatenato una nuova offensiva, arrivando nel mese di settembre, terminate le missioni di pace e ottenuto il pieno controllo del Paese, a formare un esecutivo ad interim». La parola italiana viene dall’arabo «talib» ‘studente’, che richiama le scuole coraniche nelle quali si formano ideologicamente i fondamentalisti.
A volte sento o leggo frasi come le seguenti: «Quello è un talebano», «Si comporta come un talebano», riferito a persone che nulla hanno che vedere con il fondamentalismo islamico né con l’Afghanistan, persone che sono nate e vivono in Italia. In questi casi la parola talebano assume significati diversi, significa ‘estremista’, ‘oltranzista’, ‘esaltato’, ‘fazioso’, ‘che ha una posizione radicale rispetto a qualcosa e ricorre a metodi drastici per imporla’. In sostanza. Ha diluito il valore originario specifico, diffondendosi si è generalizzata. Con un processo consueto nella lingua, i nomi sviluppano significati diversi da quello originario, a cui sono in partenza collegati. Le caratteristiche, vere o presunte, di una comunità (di studio, etnica, geografica, linguistica, ecc.) provocano sviluppi semantici significativi. La parola «polentone» ‘mangiatore di polenta’ è un epiteto spregiativo o scherzoso dato dagli abitanti del sud Italia a quelli dell’Italia settentrionale (attestato in questo senso dal 1942); specularmente, esiste la forma «terrone» ‘nativo dell’Italia meridionale’, con valore spregiativo (dal 1945). A volte gli interessati reagiscono, dando una connotazione positiva alla qualifica censurata. La pubblicità della birra «Terrona» afferma con orgoglio che quella birra «vuole raccontare storie del sud, per far sorridere chi le vive ogni giorno ed innamorare chi ancora non le conosce, un sorso alla volta».