di Antonio Devicienti

Blaue Hortensie
So wie das letzte Grün in Farbentiegeln
sind diese Blätter, trocken, stumpf und rauh,
hinter den Blütendolden, die ein Blau
nicht auf sich tragen, nur von ferne spiegeln.
Sie spiegeln es verweint und ungenau,
als wollten sie es wiederum verlieren,
und wie in alten blauen Briefpapieren
ist Gelb in ihnen, Violett und Grau;
Verwaschnes wie an einer Kinderschürze,
Nichtmehrgetragnes, dem nichts mehr geschieht:
wie fühlt man eines kleinen Lebens Kürze.
Doch plötzlich scheint das Blau sich zu verneuen
in einer von den Dolden, und man sieht
ein rührend Blaues sich vor Grünem freuen.
L’ortensia blu
Così come l’ultimo verde nei barattoli di colore
sono queste foglie, rasciugate, opache e ruvide
dietro le infiorescenze che non recano
su di sé alcun blu: solo da lontano lo rispecchiano.
Lo rispecchiano slavato e indefinito
come lo volessero perdere di nuovo
e come in vecchie carte da lettera
c’è in esse del giallo, del violetto e del grigio;
slavato come sul grembiule di un bimbo
non più indossato cui nulla più accade:
come si percepisce la brevità di una piccola vita?
Ma improvviso il blu sembra rinnovarsi
dentro una delle infiorescenze e si vede
commovente il blu rallegrarsi davanti al verde.
Breve commento: nel meditare sul vivere e sulla sua brevità la poesia rilkiana fa della lingua una sorta di materiale pittorico che, “dipingendo” con le parole, non scade mai nel bozzetto o nell’oleografia, potenzia anzi le capacità espressive della lingua e della sua sintassi; lo sguardo del poeta cerca e trova nella lingua in poesia una finissima, ammirevole sprezzatura per dirla con la celebre definizione di Cristina Campo: «Sprezzatura è un ritmo morale, è la musica di una grazia interiore; è il tempo, vorrei dire, nel quale si manifesta la compiuta libertà di un destino, inflessibilmente misurata, tuttavia, su un’ascesi coperta. Due versi la racchiudono, come un astuccio l’anello: ‘Con lieve cuore, con lievi mani, la vita prendere, la vita lasciare’» (Gli imperdonabili, Adelphi).