Si tratta di un’area di circa 700 ettari delimitata da un alto muro di cemento vibrato (o forse di gomma), che contiene, tra le altre cose, e sin dagli anni ’70 del secolo scorso, la gloriosa circonferenza di 4 km di diametro stampagnata nel territorio tra Nardò e Porto Cesareo, su cui viene testata l’alta velocità delle automobili da una certa cilindrata in su (mica la Panda inquinante di mia zia Cetta), tanto è vero che sin dal 2012 proprietaria del complesso monumentale è la Porsche Engineering, società a sua volta totalmente controllata dalla casa madre Porsche Ag., tedesca dalla testa ai piedi.
E voi sapete benissimo che tipo di veicoli produce e vende la Porsche: modelli senz’altro biologici, ecosostenibili e green che non ti dico, ma principalmente inclusivi, non li noti proprio in giro, men che meno ne avverti il rombo, talmente ovattato, stavo per dire introverso, che sembra un ultrasuono udibile soltanto da cani & porsche, tanto che il noto Quotidiano turiferario – edito dall’Istituto Luce – intesse il panegirico di più di un suo modello a favore del notoriamente molto sveglio suo lettore medio: “Profilo inconfondibile”, con il suo “Grigio-Turbonite, ovvero Nardò-Gray per enfatizzare l’unicità dei modelli turbo”, che pervade perfino lo stemma-scudetto che ritroveremo, “oltre che sul frontale, anche sui cerchi in lega leggera e sul volante”, e non perdetevi “la Mecan Ev con una potenza che arriva a 603 Cv” e con “l’overboost dovrebbe essere possibile aumentare temporaneamente la potenza a 751 Cv” (Cv=cavalli vapore: altro che gli allevamenti di qualche masseria circostante, da espropriare fuscendu, col turbo).
E che esemplari, signora mia, niente affatto aggressivi, anzi alquanto morigerati, ed e-co-no-mi-cis-si-mi: a partire da 92.000 euro e rotti. Ebbene sì, oggi come oggi quale salentino non ha almeno 100/200.000 euro sul conto corrente pronti all’uso per una Porsche come dio comanda.
Vi starete chiedendo come mai i crucchi avrebbero scelto il Salento per quest’n-esimo IDE (Investimento Diretto Estero). Be’, vai a trovare in giro su tutto il globo terracqueo un’altra terra come questa a prezzo di saldo, così pianeggiante, adatta dunque alla bisogna di lorsignori, e manco a dirlo istituzioni e popolazioni ospitali, accoglienti, empatiche, e così facilmente colonizzabili (chissà perché mi veniva in mente pure imbelli).

D’altronde si sa da tempo ormai che per forzare questa terra al fine di assicurarsi i suoi gioielli non serve affatto un piede di porsche.
Ma andiamo al sodo. Quella sadica giureconsulta della suddetta amica mia legge gli atti dal suo punto di vista: il forense; e non sa (o finge di non sapere) che la mia angolatura è invece quella forese, vale a dire terra-terra.
Orbene, il corposo materiale inoltratomi (credo ponderoso quanto la Summa Theologiae dell’Aquinate, benché con un numero di dogmi infinitamente maggiore) è tutto un florilegio di piani, progetti, figure, tabelle, allegati, confronti, matrici Swot (cioè minacce/opportunità e punti di forza/debolezza), scenari, descrizioni, giustificazioni, minimizzazioni di ripercussioni negative, e soprattutto Motivi-Di-Rilevante-Interesse-Pubblico connessi all’“Intervento di miglioramento sulle piste esistenti [nonché] la realizzazione di nove [mica una!] nuove piste per ampliare le possibilità di testing”; e, mi voglio rovinare, aggiungiamoci la costruzione di “edifici tecnici di appoggio”, e pure “edifici amministrativi e di servizio”, ma anche “un nuovo parcheggio per mezzi pesanti e [per esigenze di democrazia] l’ampliamento del parcheggio per mezzi leggeri esistente”.
Ma c’è dell’altro: “È prevista la realizzazione di un nuovo centro di logistica e manutenzione, di una nuova stazione di servizio per auto e camion, nonché un nuovo centro di valutazione e check-in dei mezzi”.
In pratica un’altra città al posto del bosco, da cui il nuovo slogan coniato dall’efficientissimo ufficio marketing della multinazionale: “C’è da spostare una macchia” [mediterranea].
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Sac à Porsche

La Porsche s’è messa in testa (e non c’è verso di farla desistere) di imprimere un’accelerazione all’economia del Salento, innestare il turbo all’inossidabile trinomio “Sviluppo, Crescita & OccupaZione” (Z dolce alla leccese) e – con la complicità delle cosiddette istituzioni nonché degli eroici salentini incantati dal sogno demiurgico – trasformare quel che resta di questo lembo di terra in un parco a tema, un villaggio di babbo natale, il paese del bengodi.
Poi ci sono quelli come me, misoneisti, tecnofobi e un tantino gufi che non colgono le potenzialità delle novelle Disneyland nostrane, e parlano (per fortuna inascoltati) di rapporti di forza sbilanciati, di non-luoghi, di prepotenza e disprezzo del bene comune, di monopoli e profitto di pochi, e di una landa come la nostra che conta quanto uno zero posto a sinistra di un numero significativo.
Pare che per colare tutto il Ben Di Dio previsto dai piani di investimento + kit della multinazionale dei bolidi rombanti non bastavano i 700 ettari del famigerato anello neritino: ne serve qualche altro centinaio abbondante anche fuori le mura, che se no le piste, a naso, non vengono bene.
Ora, grazie all’ok degli enti pubblici territoriali, si potrà finalmente procedere senza alcun indugio all’esproprio dei terreni adiacenti all’ecomostro sacro per via della famosa “Pubblica Utilità” (ormai è rimasto soltanto il Quotidiano a scriverla senza virgolette). Anzi per essere più precisi: “Motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” [sic], li chiamano così: Imperativi. D’altronde siamo o no la periferia di un Impero, onde Sud è prefisso di Sudditanza?
Provvidenzialmente i lavori di sbancamento sono già iniziati di buona lena, alla faccia di noialtri cospirazionisti che sprechiamo il nostro tempo in studi, manifestazioni, convegni e dibattiti, mentre per sua indole e formazione il Capitale è pragmatico e non ha nemmeno un minuto da perdere.
Ora v’è da riconoscere che l’agguerrito studio associato di ingegneri, architetti, geometri, legulei, economisti, lobbisti e altri guastatori, senza escludere qualche ambientalista di bocca buona (voltagabbana direbbero i complottisti) al soldo della notoria teutonica efficienza ha riflettuto proprio su tutto. Pensate, la multinazionale ci offre sul vassoio d’argento, oltre a un bel po’ di piatti di lenticchie, ben altre “compensazioni” altrimenti dette “ristori” o alternativamente “misure di attenuazione”.
Non ti dico, signora mia, l’attenzione all’ambiente e all’habitat naturale, alla fauna e alla flora, onde non sai più se il piano particolareggiato sia stato redatto dall’impresa proponente o direttamente dal WWF, mentre il sito neritino s’è colorato così tanto di green da fare invidia al parco nazionale d’Abruzzo e all’Amazzonia messi assieme. E pazienza se poi vorranno spostare il bosco d’Arneo col carro attrezzi.

Ma a tutto questo ci vogliono aggiungere “un centro medico con eliporto e una nuova e più ampia stazione degli addetti alla lotta antincendio”.
Wanna Marchi chioserebbe il tutto con bel: “D’accordooo?”
Soffermiamoci soltanto sul primo punto (ché l’antiemetico che ho preso sta per terminare i suoi effetti). In pratica l’azienda, visto che lo stato sociale italiano (o welfare come direbbero i puristi della lingua) sembra essersi messo in aspettativa, ha sentenziato: “Mo’ vi faccio vedere io come vi sistemo per le feste”; e ha escogitato persino la “realizzazione di un centro di elisoccorso attrezzato con eliporto e annesse strutture sanitarie da integrare nel sistema sanitario regionale per fronteggiare le emergenze e garantire la sicurezza sanitaria con particolare riferimento al Salento. […] L’eliporto, così come configurato, oltre alla pista di atterraggio e decollo degli elicotteri con gli hangar, le officine ed i servizi di supporto, prevede anche un centro sanitario attrezzato per il primo soccorso, con attrezzature adeguate e con la presenza di personale medico e paramedico, h 24 per 365 giorni l’anno, disponibile sia per i fruitori del Nardò Technical Center, sia per tutte le emergenze che necessiteranno di interventi immediati, come la cura delle malattie tempo dipendenti o derivanti da incidentalità”.
In estrema sintesi, grazie a codesto Masterplan + kit salveremo la sanità salentina, che dico, pugliese. E così grazie ai Porsche potremo procedere tranquillamente alla chiusura, pardon, al “piano di riordino” dei superstiti ospedali del Tacco, tanto nel novello paradiso terrestre vi sarà abbondanza di tutto quello che non si trova nei Pronto Soccorso nostrani (e del resto d’Italia). Per questa imperdibile opportunità la popolazione tutta dovrebbe essere grata anche alla Regione Puglia e al Comune di Nardò, salvo altri, che hanno firmato una convenzione o più precisamente una circonvenzione non dico senza fiatare, ma senza manco un colpo di tosse, un’alzata di ciglio, uno storcimento di muso.

Infine, se caso mai non dovessimo accettare (ipotetica del terzo tipo) il pacco all-inclusive così gentilmente confezionato dai nostri magnati, filantropi e mecenati d’oltralpe, apriti cielo: scenari apocalittici, turismo annichilito, invasione di locuste e altre piaghe di Salento, ovvero d’Egitto, Pil sottoterra, “declino tecnologico e commerciale delle attuali piste” e, badate bene, “aumento del rischio di compromissione degli habitat” non disgiunto da “l’esaurimento del positivo indotto socio-economico sul territorio, derivante dalla presenza di clienti e visitatori da tutto il mondo”, [tutto nero su bianco eh, ndr.].
D’altronde lo sanno in tanti ormai che il sole bagna, l’acqua asciuga, la neve scalda, il fuoco raffredda, e il famoso anello (al naso) NTC porterà oro incenso e mirra.
Mentre leggevo tutto quel popò di materiale inviatomi dalla mia amica avvocato pensavo tra me e me: però è proprio vero che il cretino è sempre più ingegnoso delle precauzioni che si prendono per impedirgli di fare le più grandi porschate.
Ecco perché di tutta questa sagra del porsche a noi non rimarrà che la solita porsche de fiche.
(2023)