di Antonio Devicienti

Gentile Signor D’Andrea,
mi scuso se disturbo quella che so essere la Sua estrema riservatezza (che, ça va sans dire, rispetto e ammiro), ma desidero farLe sapere che La leggo con intatta partecipazione da quando, ancora studente liceale, scopersi un suo piccolo gruppo di testi in una copia di Sallentum di non pochi anni addietro – conservo quelle pagine ripiegate, quasi sacre reliquie, all’interno del volume intitolato Dove la poesia edito da Passigli.
E ogni volta che La rileggo immagino la Sua casa-mondo, la Sua casa-poesia che non è certamente chiusa o piccola, ma vasta come possono esserlo soltanto il desiderio e l’immaginazione, il ricordo e l’amicizia.
Sùbito mi taccio meditando sulle sue «parole-silenzio / pura conversazione nella notte».
Con ammirazione [A. D.]