La relazione ““La dolce δίαιτα”. Alimentazione e salute nella medicina greca antica” di Maria Elena Della Bona, dell’Università del Salento, si è incentrata sugli opuscoli di Ippocrate di Cos che trattano della ‘dieta’. Della Bona ha chiarito preliminarmente che questo termine, nella lingua greca, non indica un particolare regime alimentare teso al raggiungimento di particolari risultati fisici, ma si riferisce all’intero ‘modo di vita’ dell’individuo, che comprende non solo l’alimentazione, ma anche altre pratiche quali la ginnastica. Sotto questo aspetto l’alimentazione ha la funzione di preservare la salute e deve contribuire a mantenere l’equilibrio fisico tra i diversi ‘umori’ che compongono il corpo. Per raggiungere questo fine, l’alimentazione deve essere differenziata per stagione, per individui e per età. Non vi sono, dice Ippocrate, alimenti che facciano sempre bene o sempre male, ma i loro effetti sono relativi ai tempi, ai luoghi e alle persone. Si può dire che Ippocrate conosceva già la dieta personalizzata.
Il tema dell’alimentazione è tornato nella relazione successiva, di Elena Urso, dell’Università del Salento, dal titolo: “Μηδὲν ἄγαν: equilibrio tra sport e alimentazione nell’antica Grecia.” Sono state esaminate le posizioni che hanno assunto sull’argomento via via Ippocrate, Platone, Aristotele, Filostrato (quest’ultimo nel trattato Sulla ginnastica). Tutti questi autori sostengono l’opinione che l’esercizio fisico, anche in atleti professionisti, deve essere moderato e non deve eccedere la giusta misura perché può danneggiare, anziché migliorare, il corpo. L’esigenza della moderazione è ben espressa nella massima che introduce il titolo della relazione: Μηδὲν ἄγαν ossia “niente di troppo”. Una massima antica che era incisa sul tempio di Apollo a Delfi a dare un indirizzo preciso al comportamento umano.
La relazione di Daniela Scardia, dell’Università del Salento, “Meglio un piatto di verdure (Prv. 15, 17): un banchetto da cristiani”, si è spostata nell’ambito cristiano. La relazione è stata in sostanza un commento al Proverbio (5, 17) “Meglio un piatto di verdura dove c’è amore che un bue grasso dove regna l’odio”. Pur nella sua evidente semplicità, il proverbio, visto attraverso l’esegesi fatta da Clemente Alessandrino, illustrata nella relazione, è invito all’ἀγάπη, l’“amore”, che costituisce il fine della vita cristiana e che investe l’uomo nella sua unità di anima e corpo.
La relazione “Diplomazia a banchetto. Sfumature di ospitalità bizantina in epoca comnena”, di Enrico Cerroni, dell’Università del Salento, ha illustrato un momento specifico della storia bizantina, ossia il banchetto offerto dall’imperatore bizantino al capo selgiuchide Kiliç Arslan. In questo banchetto sui piatti dorati in cui vennero servite la portate, erano raffigurate scene che illustravano le vittorie riportate dai Bizantini sui Selgiuchidi: un modo per ribadire in modo allusivo la superiorità militare sugli ospiti accolti a tavola. Il contesto conviviale ha sollecitato una digressione sui cibi dei Bizantini, con interessanti osservazioni sull’uso di forchettine a due punte, di cui in precedenza non si aveva notizia.
Le relazioni proposte hanno suggerito due considerazioni. La prima è che il richiamo alla “misura” (μέτρον) è un tratto caratteristico della cultura greca; tale tratto si concretizza in Aristotele nella teoria del “giusto mezzo”, che ha permeato (e permea) la cultura europea. La seconda è che i testi greci, a leggerli con attenzione e profondità, riservano sempre sorprendenti tesori di conoscenze.
La giornata si è conclusa con un ricordo, curato da Alessandra Manieri, di Adele Filippo, scomparsa nello scorso anno. A. Filippo ha insegnato Letteratura greca e materie affini nelle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Beni culturali e, oltre a svolgere una significativa attività scientifica, con la sua personalità intelligente e intraprendente ha promosso, con altre istituzioni, l’organizzazione della Giornata mondiale della lingua ellenica presso l’Università del Salento.