In memoria di Francesco De Paola

Nella sezione dei saggi, intitolata Il profilo e la memoria,troviamo il contributo diLuigi Montonato, Francesco De Paola: una vita sulle tracce di Vanini. Montonato fa luce sugli interessi vaniniani di De Paola e si sofferma con dovizia di particolari sui contributi fattivamente offerti da De Paola alla ricostruzione della vita e della carriera del filosofo taurisanese. In particolare, nelle ricerche commissionate dal Cnr, grazie alla sua approfondita conoscenza del mondo anglosassone, De Paola aveva documentato i rapporti che Vanini ebbe coi personaggi dell’ambiente culturale di Padova Venezia e Londra. Scrive Montonato: “Lo specifico di De Paola sta proprio nel tentativo di delineare di Vanini un profilo umano il più veritiero possibile, sfatata la leggenda dell’avventuriero spregiudicato e aduso a ogni esperienza, abile nell’affermare e altrettanto nel negare con estrema disinvoltura, insofferente delle ristrettezze conventuali. Secondo De Paola Vanini ebbe a che fare con uomini e fatti politici, sociali e religiosi del suo tempo di lui assai più grandi. Egli si mosse con prudenza, cercando di seguire il vento favorevole in un periodo della storia combattuto da venti contrari, fino a quando, constatata la relatività del bene e del vero, si abbandonò al suo istinto un po’ per compiacimento intellettuale, un po’ per convinzione, un po’ per stupire, secondo la moda libertina e barocca degli inizi del Seicento”. Montonato non manca di offrire un profilo intellettuale del commemorato, ricostruendo la sua carriera pubblicistica e tracciando alla fine del saggio anche una approfondita bibliografia degli scritti che integra quella abbozzata da chi qui scrive nel volume del 2020 al De Paola dedicato in occasione del compimento degli ottant’anni, Dalla rupe di Leuca alle scogliere di Dover In onore del viaggio di Francesco De Paola, a cura di Giuseppe Caramuscio e Paolo Vincenti (Società Storia Patria Sezione di Lecce, Castiglione, Giorgiani Editore).

Restando proprio agli anni giovanili, Antonio Di Seclì, in Franco De Paola giovane direttore di Pagine taurisanesi, si occupa dell’esperienza di «Pagine Taurisanesi», un giornale cittadino che De Paola fondò e diresse dal novembre 1963 al dicembre 1965. Siamo quindi proprio agli esordi della sua carriera. Di questo periodico uscirono otto fascicoli e De Paola firmò numerosi articoli di politica estera, di politica cittadina e di cultura varia. Redattori furono Luigi Crudo, Tonio Santoro, Romeo Erminio, Stefano Ciurlia e Ugo Orlando/Mastro Scarpa, quel Mastro Scarpa a cui Di Seclì ha dedicato il volume, curato con Antonio Resta, Ugo Orlando (Mastro Scarpa). Poesie (Lecce, Edizioni Grifo, 2017). Uno spaccato della società taurisanese degli anni Settanta, importante non solo per il valore della memoria ma anche come spunto per una più approfondita indagine sociologica che qui non si avrebbe modo di svolgere. Di quella rivista, scrive Di Seclì: “i semi di quel buon esempio probabilmente divennero stimolo e germe per l’edificazione di nuove e più durature testate giornalistiche a Taurisano”.

Nel saggio di Maria Bondanese, La passione di un intellettuale per la propria terra, la figura di Franco De Paola è tratteggiata sotto il profilo umano e professionale, in particolar modo vengono esaltati gli sforzi fatti da Franco per la valorizzazione del territorio salentino, della sua storia e dei suoi protagonisti. Bondanese sottolinea la discrezione e la grande professionalità di De Paola, “Doti straordinarie”, scrive, “impresse nel mio affettuoso e riconoscente ricordo da quando – nel lontano 1982 – in qualità di supplente di Storia e Filosofia, entravo, fresca di nomina, nella sala docenti del Liceo Scientifico di Casarano, allocato nel Convento dei Francescani e ancora privo di una propria intitolazione. «Hic sunt leones», dico tra me e me. L’ansia mi chiude la gola. Mi preoccupa il giudizio o, peggio, l’indifferenza dei nuovi colleghi di lavoro. Ma un sorriso, ampio e accogliente, scioglie le mie paure. È il sorriso di Franco De Paola, incorniciato allora da un paio di amabili baffetti Nella sua cordialità, Franco aveva una conversazione avvincente, incentrata sulla storia della realtà locale. Una narrazione ricca di dati, ricostruiti con rigore scientifico, per il rilancio di una forte cultura identitaria.” Le ricerche d’archivio di De Paola, attraverso la compulsazione di documenti come i catasti onciari, i relevi, le numerazioni dei fuochi, hanno restituito ai lettori nella sua concretezza lo stato delle cose nel Salento e del Meridione in antico regime.

Per la sezione intitolata Luoghi, tempi, figure della ricerca, apre il contributo di Mario Spedicato, Taurisano nella prima età moderna Note sui caratteri originari di una comunità salentina. Non poteva mancare uno studio su Taurisano dalla penna del prof. Spedicato legato da profonda amicizia a Franco De Paola. Proprio dai suoi studi Spedicato parte, richiamando il “certosino lavoro” da cui sono scaturiti anche  i  due volumi  del 2005 e del 2006  La civica Università di Taurisano nei Registri del ‘600 dell’antica Terra D’Otranto e L’Università di Taurisano negli archivi dell’antica Terra d’Otranto (sec. XIII-XVI), e le cui risultanze Spedicato ricontestualizza nell’ambito di più ampi processi storici economico-demografici. Il piccolo borgo salentino di Taurisano diventa un caso di studio della commistione di etnie diverse dovute agli avvicendamenti delle dinastie dominanti sul Mezzogiorno che hanno lasciato durature tracce di contaminazioni genetiche nella popolazione autoctona. Spedicato individua gli incrementi demografici e soprattutto economici, la presenza del rito greco e quelle differenze che giungono ad ibridare i caratteri identitari del casale con l’accoglienza di nuclei etnici ebraici albanesi e rom.

Da sin. Gianluca D’Errico, Paolo Vincenti, Carlo Stasi, Franco De Paola, Mario Spedicato.

Segue il contributo di Marcella Leopizzi e Francesco Sdao, Hannibal entre réalité et imagination Traces géologiques et littéraires. Articolo a quattro mani, scritto da un geologo e da una docente di letteratura francese, questo studio concerne la figura del celebre condottiero cartaginese Annibale Barca e si caratterizza di due parti. Nella prima, basandosi su prove geologiche, archeologiche e geomorfologiche, Francesco Sdao offre degli spunti di approfondimento sulla marcia di Annibale lungo le Alpi e avanza delle ipotesi sul passaggio attraverso il Colle della Traversette. Nella seconda, Marcella Leopizzi analizza la presenza di Annibale in alcune opere letterarie francesi mettendo in luce le diverse caratteristiche, reali e immaginarie, attribuite a questo personaggio e i differenti intrighi narrativi immaginati intorno alla sua figura. In particolare, si analizzano le descrizioni sulle capacità militari di Annibale contenute nelle opere di Pierre Corneille, Thomas Corneille, Jean Mairet, Saint-Évremond e Gustave Flaubert. Si dimostra che l’immagine di Annibale è connotata principalmente dal sentimento patriottico, dal coraggio e dalla rivalità contro Roma, e, pertanto, soprattutto nel Seicento, età contraddistinta in Francia da un forte interesse verso l’Antichità greca e romana, questo personaggio è assurto a contraltare della grandezza romana.

Quindi il saggio di Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, Andrea de Lizza, abate di Livry, “natif de Lecce”, nella Francia di Vanini, che ci porta letteralmente dietro le quinte del monarchia francese, alla vigilia dell’epilogo della vicenda vaniniana, attraverso la singolare vicenda di un ecclesiastico leccese, Andrea de Lizza, che al seguito del Cardinal du Peron approderà in Francia al servizio della reggente Maria de Medici e poi della favorita e  sorella di latte Leonora Dori Galigai moglie  del Maresiallo d’Ancre Concino Concini. L’abate di livry, titolo di cui si fregiava l’ecclesiastico salentino, s’affermò a corte per le sue doti mondane e di musicista e perché assecondava la manie di persecuzione della Marescialla, come si può leggere negli atti del processo per stregoneria di cui fu oggetto la Galigai. Sulla scorta di molte fonti francesi, lo scritto evidenzia come già dai tempi della reggenza di Caterina dei Medici stesse maturando Oltralpe un forte sentimento di astio contro gli Italiani che non può dirsi tanto anti fiorentino, o anti veneziano o anti napoletano, ma proprio anti italiano: “les Italiens” si dice, segno che in Francia la percezione che si aveva del nostro popolo era quella di italiani, e questo astio raggiunge il suo apice parallelamente all’accelerazione del processo di assolutizzazione del Regno che si ebbe con  Luigi XIII che non poneva alcun limite al proprio potere e quindi  mal conciliabile con il libero pensiero di Vanini.

Giuseppe Caramuscio, nel suo contributo Una spy story del Seicento. Le relazioni internazionali osservate da Padova, si occupa del libro di Franco De Paola del 1984 Il carteggio del napoletano Jacopo Antonio Marta con la corte d’Inghilterra (1611-1615). Marta era un giureconsulto napoletano docente presso l’Università di Padova, che intrattenne un proficuo e allora inedito carteggio con la corte inglese. A Mantova il Marta si trovò coinvolto nella lotta per la successione ai Gonzaga e questo segnò la sua rovina. Tuttavia la figura del Marta è molto importante perché egli con i suoi carteggi fu testa di ponte fra la corte veneta e quella inglese e più in generale nell’incontro fra la cultura napoletana del Seicento e quella dell’Europa centrale. Il Marta si inserisce in queste trame anche per il suo ruolo di spia e Caramuscio nel suo saggio ritorna sul ruolo effettivo giocato dal giureconsulto napoletano e da altri uomini di cultura italiani fra Cinque e Seicento, aggiornando lo studio di De Paola con le fonti più recenti. Fra l’Europa ai tempi di Marta e quella dei nostri giorni molto è cambiato, scrive Caramuscio, che riflette su come sia “Radicalmente mutata oggi la figura dell’intellettuale rispetto al secolo di comparazione, e come i giovani soprattutto per realizzare pienamente le scelte professionali emigrano all’estero: come i dotti italiani del XVI secolo, il loro orizzonte psicologico e culturale è disegnato dai Paesi prossimi ai luoghi pulsanti della modernizzazione”.

Roberto Orlando, in Conflitti sociopolitici tra ex feudatari e borghesia agraria e professionistica tra Otto e Novecento: il caso dei fratelli Lopez y Royo dei Duchi di Taurisano, si occupa di un periodo, quello fra Ottocento e Novecento a Taurisano, con i suoi conflitti di potere e le tensioni socio politiche fra le varie fazioni in lotta, ovvero l’aristocrazia composta dagli ex feudatari, che perdevano progressivamente terreno, e la borghesia agraria e delle professioni, ovvero la nuova classe emergente legata alla Massoneria e di idee liberali, radicali o socialiste, che voleva soppiantare i vecchi potentati all’insegna di un mutamento di facciata, nella gattopardesca convinzione che tutto dovesse cambiare perché nulla cambiasse. Gli ex feudatari però, la famiglia Lopez y Rojo, continuava di fatto a governare, a scapito della povera gente che viveva di stenti e miseria. Gli è che gli stessi Lopez y Royo erano scissi in due schieramenti tra filogovernativi ed antigovernativi e tra conservatori e progressisti. Il conflitto si estendeva a coinvolgere la massima gloria di Taurisano, il filosofo Giulio Cesare Vanini. La vexata quaestio, al centro delle divergenze tra i Lopez y Royo e la borghesia locale, era quella della proposta avanzata dalla borghesia umanistica di realizzare una lapide commemorativa in onore di Vanini, commissionata al filosofo e parlamentare repubblicano Giovanni Bovio, da affiggere sulla facciata della presunta casa natale Di Vanini; ma l’iniziativa trovava la forte opposizione dei Lopez y Royo e della Chiesa locale guidata nel periodo dai parroci Gaetano Parisi e Salvatore Casto.

Da si. Franco De Paola e Paolo Vincenti.

Nel saggio di Rocco Orlando, Gli antifascisti del Sud Salento al confino politico (1926-1943), si tracciano i profili di alcuni abitanti dell’estremo Salento che, appunto durante il Fascismo, vennero confinati nelle colonie di lavoro delle piccole isole o in piccoli centri sperduti dell’Italia meridionale, perché ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica. “Disfattisti” erano definiti coloro che instillavano sfiducia nel regime, o cercavano di sobillare il popolo contro la dittatura e venivano inviati al confino per i motivi più disparati, non solo per i casi eclatanti di antifascismo ma anche per motivazioni molto banali come commenti e frasi offensivi nei riguardi del regime, del duce e dei suoi familiari. Tutti, sia gli oppositori politici dichiarati (comunisti, socialisti, anarchici, repubblicani, cattolici), sia i più innocui, cioè la povera gente, lontana dai veri sovversivi e rivoluzionari ma che ingiustamente si trovava accusata, venivano inviati al confino o messi nel carcere duro. Orlando riporta anche le foto di alcuni di questi confinati politici.

Il libro si chiude con l’Indice dei volumi pubblicati nella collane della Società Storia Patria sezione di Lecce. Un libro, necessario, direi, a un anno dalla scomparsa di De Paola, come necessaria è stata la lezione di De Paola stesso nel raccordo fra la cultura alta, accademica, e la cultura militante. Ad un anno dalla scomparsa, il suo ricordo permane vivo in chi si riconosce nei valori fondanti della sua vita e della sua carriera.

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