di Maurizio Nocera

In memoria del fotografo materano Domenico Notarangelo che, sul set de Il Vangelo secondo Matteo, si nascose per fotografare Pasolini.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Lido di Ostia, 2 novembre 1975) è stato poeta, regista, pittore, tanto altro ancora. È stato un saggio che ha saputo fondere il sapere con la politica, intesa come partecipazione attiva alla vita sociale e culturale. La poesia però è stata per lui l’aspetto caratterizzante l’umanità emergente nella sua monumentale opera letteraria e cinematografica.
Perché? Anche quando egli direttamente non scriveva o interpretava poesia, tutto quello che faceva, lo faceva con un timbro poetico. Le ceneri di Gramsci (undici poemetti scritti tra il 1951 e il 1956) sono una delle sue raccolte più belle: ancora oggi continuano a essere punto di riferimento originale nel firmamento poetico italiano.
Pasolini fu un militante politico, sicuramente atipico per i suoi tempi. Attento alla trasformazione della società, ebbe il coraggio di innovare il suo sguardo indagatore su quel che andava accadendo in Italia a tal punto che il suo partito (Pci) non lo capì. Fu partigiano della pace, e questa è una delle più belle pagine della sua militanza politico-culturale. Nel 1949 partecipò al primo congresso mondiale della pace a Parigi, organizzando successivamente altri eventi pacifisti nel nostro Paese.
Egli, dunque, fu poeta, e scrisse i suoi versi in dialetto e in lingua. Alcuni dei titoli delle sue raccolte poetiche sono: Poesie a Casarsa (1942), La meglio gioventù (1954, altro titolo La nuova gioventù), Ragazzi di vita (1955, narrativa), Una vita violenta (1958, narrativa), La religione del mio tempo (1961), Poesia in forma di rosa (1964). Curò l’Antologia della poesia dialettale del Novecento (1952) e il Canzoniere italiano (1955).