Il Diario di Nina

di Mario Spedicato

Con piena condivisione abbiamo accettato la proposta di dare approdo editoriale al lavoro di Lucia Saracino, che fra l’altro ci ha consentito di riprendere la continuità con un filone inaugurato da una delle prime uscite di questa Collana, Tra l’acqua santa e l’acqua salata di Tommaso Astarita (MeditEuropa, 2008) e proseguito, per altro verso, con il volume di Sergio Fracasso “Signori… in carrozza” (“Cultura e Storia”, 2015). Mentre questi due lavori attengono all’indagine sull’identità meridionale – che il primo ricostruisce a partire dalle vicende storiche del Mezzogiorno d’Italia, e il secondo esplora attraverso un diario di viaggio di un aristocratico salentino – nel caso del Diario di Nina la visuale è quella dall’occhio analitico e indagatore di una giovane donna milanese la cui lunga trasferta non è riconducibile alle finalità del Grand Tour.

La storia descritta e narrata dal Diario di Nina è riferita a una vicenda personale e familiare che matura in un viaggio tra il Nord e il Sud dell’Europa (andata e ritorno), e può essere considerata emblematica del problematico rapporto fra mondi che ai primi del Novecento non si conoscono e talvolta nemmeno si riconoscono secondo modalità paritetiche. Sebbene alcuni familiari di Nina,  per affari, da tempo si siano insediati sulla sponda orientale del Mediterraneo, alla giovane milanese forse non è stata prima concessa la possibilità di visitarli e, nell’occasione, di conoscere luoghi e genti molto differenti rispetto a quelli a lei abituali. Il Diario racconta quindi la storia di un incontro asimmetrico, in cui la controparte è collocata nel ruolo subalterno di oggetto osservato, del quale solo indirettamente e implicitamente possiamo comprendere azioni e reazioni. E il “Mare fra le terre” non costituisce solo lo scenario paesaggistico della storia ma, in non pochi passi, assurge a ruolo di protagonista con i suoi colori, rumori, movimenti.

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