Viaggio d’istruzione in crociera


Anche il disegno della moquette è labirintico…

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La nave scivola sulla superficie delle acque dello Ionio, con a bordo studenti e turisti, la cui inquietudine è appena lenita dalle frequenti dimostrazioni del personale su come comportarsi in caso di…

Si va verso oriente, non c’è dubbio: l’ho accertato stamane, vedendo sorgere il sole, mentre la nave andava in quella direzione. Dopo una notte di navigazione, non so dove ci si trovi, se ancora nello Ionio oppure già nell’Egeo. Allora, alla receptionist ho chiesto una mappa del percorso della nave, una cartina come quelle che vedevo nei corridoi dei treni durante i miei lunghi viaggi verso il Nord. Mi ha risposto di rivolgermi a Google e che anche lei non sapeva bene dove fossimo in quel momento. Il problema è che sulla nave il costo del Wi-Fi è proibitivo e solo pochi si sobbarcano la spesa. Mi viene il sospetto che sia come in aereo: tutti conoscono la meta, ma nessuno sa con precisione dove ci si trovi.

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Da quando la logica aziendalistica è penetrata nella scuola, trasformando lo studente in utente e il professore in esperto-intrattenitore – non so se esperto nell’intrattenere o esperto nella disciplina insegnata -, la scuola non ha più il compito di trasmettere la cultura del passato alle nuove generazioni, ma quello di assecondare l’accostamento ludico dello studente alla cultura dominante contemporanea, che farà di lui un ottimo consumatore. Questa è la ragione per cui, in modo del tutto coerente, l’istituzione scolastica organizza la crociera come viaggio d’istruzione per gli studenti dell’ultimo anno.

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A sera, prima di cena, tutti a teatro: recital in lingua anglo-americana, che dovrebbe accontentare tutti: americani, francesi, tedeschi, spagnoli, italiani, ecc., insomma, il cosiddetto Occidente collettivo. Lo spettacolo, infatti, è molto partecipato e applaudito. Qui la gente ha voglia di divertirsi e non lo nasconde. Dopo il teatro, a cena: serata di gala con il comandante della nave. Signore e signori d’ogni età sfoggiano il loro abito migliore. Giacche, papillon, strass e brillantini a profusione. Poi, almeno i più giovani, tutti in discoteca, fino alle quattro.

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Nella città c’è chi serve e chi è servito; ma anche chi è servito deve a sua volta servire, se vuol guadagnarsi da vivere. Nella città galleggiante questi rapporti sono assolutizzati: l’equipaggio serve, i croceristi sono serviti. Se ne deduce che nella crociera l’uomo contemporaneo ha realizzato il suo ideale democratico di antica origine greca, mai tramontato, una società divisa in due: servi e liberi. Significa qualcosa che il personale di servizio della nave sia tutto composto di africani e asiatici?

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Nottetempo, qualcuno passa nei corridoi e mette sotto la porta delle camere fogli pubblicitari relativi al programma del giorno dopo. Nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione. Si organizzano: Sudoku, Puzzle, Giochi da tavolo, Stretching all’alba, GAP (si applicano le tariffe), Risveglio muscolare con il tuo istruttore di ballo, Aerobica, Yoga, Tic Tac, Lezioni di ballo, ecc.

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Sebbene la nave trascorra sulla superficie di un mare profondo e senza caverne (mio padre ripeteva a me bambino, per mettermi in guardia dalle insidie del mare: “Il mare non ha caverne!”, cioè non v’è luogo dove ci si possa rifugiare in caso di…), il che dà sempre al crocerista un vago senso di inquietudine, la sua idea è che nel tempo della crociera si possa essere felici. L’aspettativa di conoscere posti nuovi e la visita – troppo breve – dei medesimi, non è che un surplus, un residuo pressoché secondario rispetto al comfort della nave, le attrattive sempre nuove che il personale, gentile e premuroso, ogni giorno propone. Oh, se i rapporti tra le persone fossero sempre così, come in crociera…!

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In un salone una ragazza atletica balla su una pedana e, di fronte a lei, alcune persone ripetono i suoi movimenti al ritmo di una musica da discoteca. Tutt’intorno, comodi nei divani, i croceristi bevono un drink e assistono allo spettacolo.

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Lungo le pareti del ponte n. * sono esposte le fotografie di centinaia di croceristi, da soli, a coppie, in gruppo, di ogni età, sesso, razza, tutti sorridenti, molti vestiti col loro abito migliore, alcuni come nel giorno delle nozze. Questo è il luogo dove tutti costoro sono stati felici e le loro foto ne sono testimonianza. Facendosi fotografare, inoltre, hanno acquisito il diritto – almeno in modo figurale – di rimanere sulla nave anche dopo la fine del viaggio. Per tutti questi volti affissi alle pareti del corridoio il periodo breve della loro felicità da croceristi non finirà mai. Essi sono sempre qui, sorridenti ai nuovi viaggiatori che passano e si soffermano davanti alle fotografie per vedere di riconoscere qualche amico che li ha preceduti nella crociera. Fotografi autorizzati sono pronti a scattare fotografie per i nuovi croceristi, che volentieri si mettono in posa.

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Siamo qui, in questa nave, croceristi in viaggio d’istruzione, verso oriente. Gli sbarchi sulla terraferma sono brevissimi, bisogna fare in fretta per visitare il visitabile e fare presto il più gran numero possibile di fotografie. Poche ore, concitate, confuse, frettolose, durante le quali la guida ci riempie di date e di parole sparate a ritmi da mitraglia, e poi subito si rientra in nave per il proseguimento del viaggio. Bisogna sottoporsi ai controlli, in uscita e in entrata. Si è in tanti e ogni volta occorre mettersi in fila e pazientare. E allora il crocerista pensa che avrebbe fatto a meno di sbarcare, in fondo in nave c’è sempre molto da fare, tutte cose interessanti, divertenti, mentre fuori si fa tanta fatica a seguire la guida che cammina veloce per strade sconosciute; e così tutto quello che desidera è tornare quanto prima possibile in nave. Infatti, lo spirito della crociera è dentro la nave, non fuori. Fuori c’è solo il percorso turistico, ben tracciato e predefinito, in un mondo reso appena meno insidioso dai percorsi già infinite volte sperimentati, da cui è esclusa ogni via traversa. Guai a fare tardi, la nave non aspetta! Ma tutti i croceristi sono puntuali, perché sanno che la felicità è dentro la nave, non fuori.

Un crocerista mi ha raccontato la storia di una coppia che, essendosi attardata nella visita della città di *, durante una crociera nel Mediterraneo, fu lasciata a terra, né la compagnia di navigazione volle rimborsare la coppia, poiché una clausola del contratto prevede l’obbligo della puntualità, pena l’essere abbandonati al proprio destino. Chissà, forse anche qui, come nelle città vere, nascono le leggende metropolitane.

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Crociera e viaggio d’istruzione sono forse incompatibili? Assolutamente no! L’istruzione dei giovani non può che avvenire nel mondo nel quale essi vivono, dove la scuola svolge la sua funzione in totale sintonia con la società di cui è espressione. Sarebbe semplicemente disfunzionale e rischierebbe di creare dei disadattati una scuola critica dell’ordine dominante. Il senso critico è una competenza da possedere – e in quanto tale rientra nelle griglie di valutazione del profitto scolastico – con cautela e moderazione, quel tanto che basta a correggere le piccole criticità del sistema.

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La carnevalizzazione della vita trova in crociera una sua particolare manifestazione: qui non c’è più il servo che diventa padrone e il padrone che diventa servo, come nelle giornate del carnevale, ma ci sono solo servi che, avendo pagato il pacchetto crociera, almeno per il tempo che essa dura – presto ritorneranno alle loro occupazioni di parrucchiere, estetista, gommista, meccanico, insegnante, muratore, ecc. -, diventano padroni, mentre i servi  continuano a servire; i padroni veri, intanto, stanno altrove e se la ridono. Ma in fondo, non è sempre stato così?


… la moquette disegnata a ghirigori labirintici dal forte potere ipnotico …

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La mia prima impressione nel visitare la nave, e cioè che essa fosse molto simile all’Overlook Hotel del film Shining di Kubrick, mi accompagna stranamente per tutto il viaggio. Mi sveglio presto al mattino e per raggiungere il ristorante attraverso il dedalo dei corridoi interminabili, i saloni deserti, dove risuona sempre una musica di sottofondo. Ecco che, dietro il bancone di un bar compare il barman dell’Overlook Hotel, poi le due inquietanti gemelle mi si parano davanti e mi invitano a giocare con loro e infine
un’onda di sangue prorompe dal corridoio vicino. Probabilmente, la mia impressionabilità è dovuta alla novità della situazione – il viaggio in nave per me è altrettanto inquietante del viaggio in aereo -. Ma che cosa mi vieta di paragonare quell’onda di sangue o il sacrilegio dell’Overlook Hotel costruito su un cimitero indiano, alle migliaia di persone morte nella traversata dell’Egeo, poveri miseri migranti in fuga dalla guerra su barche di fortuna, ridotti a cadaveri galleggianti sulle acque che noi invece stiamo solcando a bordo di una comoda nave?


… il bestione impazzito, il moderno Minotauro, il novello John Daniel “Jack” Torrance …

Dopo aver scritto tutto questo, mi chiedo se non sia io il disadattato, il professore frustrato che si fa scudo del suo pensiero critico che un tempo, negli anni ’70, andava tanto di moda. E se fossi io – mi dico, attraversando i saloni deserti -, il bestione impazzito, il moderno Minotauro, il novello John Daniel “Jack” Torrance, chiuso in questo labirinto, alla spasmodica ricerca della vittima sacrificale? Se fossi proprio io lo scrittore fallito, non più capace di scrivere una pagina leggibile, ma ostinato nel ripetere instancabilmente, pazzamente, le sue querimonie?

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Una studentessa vestita di bianco – come tutti, per la “serata in bianco” – mi si avvicina e, sorridendomi, mi rimprovera di indossare i miei soliti vestiti variamente colorati, e intanto sfoggia la sua mise per farsi apprezzare. Cosa che io le accordo, facendole i complimenti; e aggiungendo, a mia discolpa, che in ogni compagnia ci deve essere un Dioneo, come vuole Giovanni Boccaccio, qualcuno che non si attiene alle regole del gioco; e dunque, io sono quel Dioneo. Forse, ricercando nelle nozioni imparate a scuola, la studentessa ha ricordato il personaggio del Decameron, perché mi ha sorriso di nuovo, ed io ho pensato che avesse accettato la mia spiegazione.

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Non guardiamo la realtà, il mondo non ci interessa più per le esperienze che in esso è possibile fare, bensì siamo i suoi massimi predatori, insaziabili; riempiamo la memoria del nostro cellulare di foto, prede piccole ma numerosissime del nostro obiettivo usato come una mitragliatrice, attraverso il quale, ad ogni scatto, pensiamo di raggiungere il mondo, ma non col fine di viverci dentro immersi e confusi con esso come sono i pesci nel mare, ma con quello di impossessarcene. Poi, una volta a casa, dopo aver mostrato la preda ai nostri cari e i nostri amici, archiviamo tutto, e ce ne disinteressiamo; finché, dopo qualche anno, un bel giorno, l’intelligenza artificiale ci riattiva un ricordo sotto forma di foto, che riguardiamo per qualche secondo sul nostro smart-phone prima di dimenticarcene per sempre.

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Lenta, continua, silenziosa scorre sulle acque dell’Egeo la nave dei croceristi, metafora del succedersi sereno dei giorni e della vita, che la compagnia navale ha promesso ai turisti. La lentezza del movimento fa dimenticare la frenesia della vita che tutti abitualmente conduciamo. “Prof, io non voglio scendere, voglio star qui per sempre”, mi ha detto uno studente mentre si rimpinzava di torte nel ristorante self-service. Come non capirlo?

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Consultare una carta geografica significa immaginare luoghi lontani, quelli appunto a cui essa rimanda. Se così facesse, il crocerista si distrarrebbe dalla situazione presente, quella nella quale si trova e nella quale vive la sua esperienza di crocerista.  Insomma, una cartina rimanda al fuori, mentre al crocerista è richiesto di, ed in fondo egli vuole, stare dentro.

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…una studentessa dice ridendo: “Chiediamo al comandante di farci vedere un bel tramonto, come in The Truman show, siete d’accordo?”

Studenti sul ponte più alto nell’ora del tramonto. Delusione: il cielo è coperto da uno spesso strato di nubi minacciose. Niente sole calante, dunque. Memore del film visto in classe, una studentessa dice ridendo: “Chiediamo al comandante di farci vedere un bel tramonto, come in The Truman show, siete d’accordo?”. Fa freddo fuori e decidiamo di rientrare in coperta.

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Durante le lunghe ora della navigazione sono in pochi a leggere un libro. Perlopiù si gioca a carte intorno ai tavolini dei diversi saloni. Avrò fatto la figura del minchione, chiedendo alla bella receptionist se sulla nave ci fosse una sala lettura o una biblioteca a disposizione dei passeggeri. Si è meravigliata della mia richiesta e mi ha detto di no. Tutto quello che ci ho guadagnato è stato un bel sorriso… di compatimento!

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Il fine del viaggiare, per Fernando Pessoa, è quello, impossibile, di raggiungere la lontananza, ovvero assecondare e inseguire il proprio desiderio. In ciò è la bellezza del viaggio e della nave che porta il viaggiatore verso l’orizzonte. Che cosa è rimasto oggi di questo desiderio? Perché noi abbiamo intrapreso questo viaggio? La crociera, col suo circuito chiuso, non ha lontananze da raggiungere, ma solo mete turistiche più o meno famose da visitare velocemente prima di riportare i croceristi al punto di partenza. È un semplice giro di giostra che dura otto giorni. Non c’è nessuna lontananza desiderabile, col rischio di una forte delusione, come accade a Pessoa: l’orizzonte delude sempre chi tenta di raggiungerlo. Il desiderio del crocerista invece è sempre immediatamente soddisfatto, poiché è suscitato artificialmente. Si sale su di una nave ben sapendo qual è il servizio, che abbiamo pagato anticipatamente.

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Forse al termine della crociera, rimarrà ai croceristi il desiderio di costruire un mondo diverso da quello nel quale viviamo abitualmente, un mondo in cui sia possibile essere felici come in crociera. Fare della vita una diuturna crociera, del mondo una nave, del cittadino un crocerista, a cui non manca mai il cibo e il divertimento, come nel paese dei balocchi. Non più notiziari che parlano di migranti sfortunati, di fame nel mondo, di guerre, di stragi e violenze d’ogni tipo: che questo appartenga ad un passato ignorante e barbaro! Nel nuovo Regno della crociera le giornate saranno tutte organizzate secondo un programma ben illustrato dal depliant pubblicato la sera prima e le serate saranno classificate con etichette precise: serata tropicale, serata anni Settanta, serata in bianco, serata casual, ecc., e si concluderanno tutte in discoteca, fino all’alba del nuovo giorno.

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Mentre stiamo per approdare nel porto di partenza, dico al gruppo di studenti stanchi per aver dormito pochissimo, e tristi per la fine del viaggio, semidistesi sui divani, tra mille bagagli: “Insomma, ora che la crociera sta per finire, che ne dite: la vita è meglio dentro o è meglio fuori?” “Meglio dentro, prof, – mi dice uno studente a nome di tutti – “fuori non c’è niente!”.

Il viaggio d’istruzione è finito.

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