di Gianluca Virgilio

Ad Annie Gamet, in ricordo dei suoi viaggi.
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Oggi i viaggi sono belli come lo erano un tempo
e una nave sarà sempre bella, solo perché è una nave.
Viaggiare è ancora viaggiare e la lontananza è sempre dov’è stata:
in nessun luogo, per fortuna!”
Fernando Pessoa, Ode marittima,
in Una sola moltitudine I, Adelphi, Milano 2019, p. 307.
L’interno della nave mi ha ricordato l’Overlook Hotel del film Shining di Stanley Kubrick: quindici ponti con un numero enorme di camere che s’aprono su corridoi lunghissimi, nei quali subito ho provato un senso di smarrimento. Dov’è la mia camera, e dove sono i miei studenti e i miei colleghi? Ogni tanto ne incontro uno che vaga disorientato alla ricerca del suo alloggio. Anche il disegno della moquette è labirintico. Negli spazi comuni si passa di salone in salone, attraverso ristoranti, bar, casinò, negozi, ecc. E poi c’è un gran teatro dove ogni sera si dà uno spettacolo, e la palestra, il medical center, la discoteca, ecc. E soprattutto c’è una gran quantità di cibo disponibile, tutto incluso nel pacchetto prepagato: cibo, tanto cibo, prelevabile in un buffet aperto per buona parte del giorno e della notte oppure in un ristorante dove premurosi camerieri servono i turisti. La nave è una piccola città galleggiante. Mi hanno raccontato che non pochi pensionati devolvono il loro assegno mensile alla compagnia di navigazione delle grandi navi da crociera in cambio di una cabina per il resto della loro vita. Alcuni si fanno seppellire in mare. Sarà vero? In questo luogo, noi facciamo il viaggio d’istruzione riservato agli studenti dell’ultimo anno di liceo.