I paesi ricchi hanno ulteriormente contribuito alle differenze, alterando i loro sistemi naturali con l’agricoltura intensiva, le industrie e gli insediamenti urbani. Molte delle ricchezze naturali dei tropici, inoltre, sono state saccheggiate dai paesi ricchi, per migliorare ulteriormente i loro sistemi economici. Ora ci stiamo rendendo conto che la perdita di biodiversità ci danneggia in termini di alterazione del funzionamento degli ecosistemi planetari. Le grandi foreste tropicali, ad esempio, assorbono l’anidride carbonica che produciamo in eccesso, e producono ossigeno. I polmoni verdi del pianeta, le grandi foreste tropicali, “respirano” per tutto il pianeta. I paesi meno avvantaggiati ambiscono a tenori di vita simili ai nostri, e si sentono dire che se lo dovessero fare come abbiamo fatto noi sarebbe un disastro per tutti. La loro risposta è: voi vivete bene perché avete depredato la vostra e la nostra biodiversità e ora ci dite che noi non dobbiamo fare altrettanto. Allora contribuite al nostro benessere, investendo parte delle vostre ricchezze finanziarie per garantire il persistere delle ricchezze naturali da cui dipende anche il vostro benessere.
Molti paesi ricchi non accettano il ragionamento, e si dibatte su chi debba pagare il conto di uno sviluppo economico che danneggia il capitale naturale. I ricchi non vogliono pagarlo, i poveri non possono: sono tutti d’accordo che il problema ci sia, ma chi potrebbe risolverlo è restio a farlo. Gli accordi di principio ci sono, si firmano protocolli, ma la situazione continua a peggiorare. L’accordo è stato raggiunto, a Roma, ma ora bisogna realizzarlo. Vedremo.
Se si tratta di spendere soldi in armamenti, gli accordi si raggiungono in fretta, ma se si tratta di investire nella tutela della natura iniziano i distinguo. Succede anche in Europa che, rapidamente, sta abbandonando il Green Deal della prima presidenza von der Leyen, per passare, con la seconda presidenza von der Leyen, a proposte di riarmo europeo per far fronte a supposte minacce alla nostra sicurezza. Come se la sicurezza non fosse minacciata dal deterioramento delle condizioni ecologiche del pianeta. Il cambiamento climatico sta causando migrazioni senza precedenti e gli effetti iniziano a sentirsi anche in aree meno vulnerabili, dove si rifugiano i disperati che fuggono da situazioni estreme. Il problema non si risolve con i missili e i droni.
Ancora una volta il primo motivo di questa miope percezione dei problemi è di natura culturale. Non esiste una “cultura della natura” e non abbiamo ben chiaro il rapporto tra biodiversità, funzionamento degli ecosistemi, e benessere umano. Le lobby che sostengono l’uso dei combustibili fossili, per non parlare di quelle delle industrie delle armi, sono molto agguerrite e siamo all’assurdo che le conferenze sul clima si tengano in paesi che contribuiscono in modo determinante alle alterazioni climatiche e che non hanno alcun interesse immediato a smettere di vendere i loro prodotti (il fossile) per il benessere comune. Le lobby green non rappresentano potentati economici e hanno risorse limitatissime, venendo equiparate alle lobby di chi influenza i decisori per continuare sulla vecchia strada, avendo a disposizione enormi risorse. I buoni proponimenti sono spesso disattesi. Fino ad ora, almeno, è andata così. Sarà la volta buona?
Prima volevamo “proteggere” la biodiversità e gli ecosistemi. La situazione è peggiorata perché i buoni proponimenti non sono stati realizzati. Ora vogliamo “restaurare” la biodiversità e gli ecosistemi che non siamo stati in grado di salvaguardare. La prevenzione ha fallito e ora diciamo di voler passare alla cura. Senza cambiare stile di vita.
Intanto, stiamo investendo montagne di risorse per colonizzare Marte e per trovare altri pianeti abitabili, dove potremo trasferirci una volta finita la devastazione del pianeta. Un po’ come gli abitanti di Krypton, che mandano Superman sulla terra per salvarlo dalla distruzione del loro pianeta. Ma quello è un fumetto.