Una preziosa registrazione dialettale salentina del 1914

di Antonio Romano

Insieme a Claudio Russo, ora Language manager presso uno dei colossi del big data, nel numero 25 della rivista L’Idomeneo 2018 (http://siba-ese.unisalento.it/index.php/idomeneo/article/download/19707/16773), avevo pubblicato un articolo dal titolo “Il testo di una rara registrazione dialettale salentina del 1914” (leggi allegato) fornendo una prima descrizione del contenuto linguistico di due brevi registrazioni presenti negli Archives de la Parole della Bibliothèque Nationale de France.

L’articolo non ha avuto il successo che meritava: i cultori di “cose salentine”, sicuramente più inclini ad accordare importanza alla lingua scritta e alle attestazioni letterarie della storia e della cultura locale, non hanno colto l’importanza del ritrovamento: una vera novità per via del contributo di conoscenza che può venire alla definizione di percorsi storici del dialetto in questione (i due parlanti erano di Monteroni), ma, soprattutto, in senso più generale, per l’aura di prestigio che aveva conquistato il dialetto in quello scorcio di secolo.

Le voci registrate nel documento sonoro forniscono, da un lato, un campione tangibile del dialetto di Monteroni, in una forma non condizionata dai limiti consueti delle testimonianze scritte. Alcune qualità della pronuncia dialettale ci consentono così di cogliere in quel momento storico una sottilissima maggiore “meridionalità” di questo dialetto, gravitante nell’area leccese, che lo ha forse indotto successivamente a “ripulirsi” di alcune sfumature più rustiche. Dall’altro lato, il documento, raccolto da Ferdinand Brunot in un contesto accademico, ci permette di osservare un secondo dato rilevante: l’importanza che assumeva il dialetto a quell’epoca, prima cioè della decadenza seguita alle vicende delle due guerre mondiali e i lunghi periodi di ricostruzione (e di una costruzione dell’identità nazionale perseguita non senza sacrifici per le autonomie culturali locali). Le voci sono infatti quelle di due viaggiatori in visita a Parigi, critico d’arte lui, e commerciante di antichità, che non trattengono un’autentica parlata dialettale, non solo quindi appannaggio delle classi più svantaggiate, sostenuta dalla pratica e dall’esibizione orale di uno dei pezzi della letteratura dialettale dell’epoca, una poesia di F.A. D’Amelio, da parte – e questo è ancora più notevole – di una giovane signora benestante.

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