“Verso le avanguardie. Gli anni del Futurismo in Puglia 1909/1944”. La mostra a Lecce
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Dopo essere stata ospitata a Bari e a Taranto, approda ora a Lecce la mostra “Verso le avanguardie. Gli anni del futurismo in Puglia, 1909/1944”, curata da Giuseppe Appella, che sarà allestita nelle sale del Castello Carlo V dal 31 gennaio al 18 marzo 1999 (catalogo Adda, Bari 1998). Questa può essere dunque l’occasione per un ulteriore chiarimento sul senso e sugli obiettivi dell’esposizione, che non sempre, a quanto pare, sono stati ben compresi.
L’idea della mostra partiva dal presupposto che una delle caratteristiche peculiari del futurismo, rispetto alle altre avanguardie novecentesche, fosse la cosiddetta “molteplicità topografica”, cioè la tendenza, dimostrata dal momento marinettiano fin dai suoi esordi, a diffondersi nei più disparati luoghi della penisola e ad articolarsi in maniera sempre diversa, in rapporto alle specifiche tradizioni culturali e alle situazioni locali. Si trattava di verificare allora, come è stato già fatto per altre regioni italiane, da un lato, l’incidenza del futurismo sulla Puglia e, dall’altro, il contributo offerto da artisti e scrittori pugliesi al futurismo.
Ebbene, a mostra realizzata, si può tranquillamente affermare non solo che la Puglia non è rimasta affatto estranea al movimento marinettiano, come forse si poteva ritenere, ma che ha svolto anche un ruolo non trascurabile all’interno di esso, come d’altra parte i materiali esposti e i saggi in catalogo dimostrano ampiamente.
Sorprende perciò che, in una recensione della mostra apparsa il 6 settembre 1998 sul supplemento domenicale de “Il Sole-24 Ore”, Vanni Scheiwiller, solitamente misurato nei suoi interventi, si sia lasciato andare a giudizi sommari nei confronti di alcuni, artisti presenti, mettendo in dubbio l’effettivo apporto della Puglia al futurismo. Eppure bastava dare almeno uno sguardo alla cronologia posta in fondo al catalogo per accorgersi di certi dati che caratterizzano questa vicenda (la precocità della ricezione, la durata, la partecipazione qualitativa e quantitativa, la varietà dei settori interessati, ecc.) e che dimostrano esattamente il contrario.
Non è nemmeno il caso poi di prendere in considerazione un articoletto frettoloso e disinformato, a firma di m.r., pubblicato sulla “Stampa” di Torino, al quale, d’altro canto, ha ribattuto prontamente Giuseppe Mazzarino sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 31 agosto scorso. C’è solo da osservare piuttosto che manifestazioni di questo genere, ritenute perfettamente lecite (e assai apprezzate) in alcune regioni d’Italia, suscitano sempre dubbi e perplessità, chissà perché, quando si tengono in altre.
Tornando alla mostra, la tappa leccese permetterà di fare il punto, in particolare sul contributo portato al movimento marinettiano dal capoluogo salentino, che spicca decisamente non solo in ambito pugliese ma, più in generale, nel panorama meridionale. Né di questo c’è da meravigliarsi più di tanto. Lecce è una città che ha saputo recepire nel nostro secolo, con prontezza e a volte anche con originalità, i principali movimenti artistici e letterari, dal futurismo al novecentismo, dall’ermetismo al neorealismo, fino allo sperimentalismo, confermando così una singolare vocazione in campo culturale, che l’ha contraddistinta nei secoli.
Il futurismo, ad esempio, viene conosciuto a Lecce ‘in tempo reale’, cioè al momento stesso della sua fondazione, nel 1909, allorché sui giornali locali già se ne discuteva animatamente, a favore o contro. L’anno successivo poi c’era già chi si mise a comporre un organico studio critico sul movimento marinettiano, che è forse, guarda caso, il primo assoluto in campo nazionale. L’autore, del tutto dimenticato fino a poco tempo fa, si chiama Mimì (Domenico) Frassaniti, il quale purtroppo non ebbe nemmeno il tempo di pubblicare questo suo lavoro, che stava tanto a cuore allo stesso Marinetti, a causa della morte prematura, che lo colse nel 1912.
E soltanto qualche anno dopo operava a Lecce un giovane pittore, Antonio Serrano, anche questo rimasto a lungo nell’oblio, che aveva scelto come modelli alcuni giganti dell’arte moderna, quali Cézanne e Boccioni, in anticipo di decenni su altri centri. Certo, date queste premesse, era difficile per lui riuscire a essere del tutto originale. Forse sarà stato anche, come l’ha definito Scheiwiller, una “fotocopia di Boccioni” (questo però è ancora tutto da vedere), ma ispirarsi al maggior pittore futurista, negli stessi anni, si badi bene, di quelle rivoluzionarie teorie, è un titolo di merito, che pochissimi in Italia, mi sembra, possono vantare.
Anche gli sviluppi del futurismo a Lecce nei primi anni Trenta non sono poi da trascurare perché coinvolgono alcune delle personalità più significative della cultura salentina del Novecento, quali Vittorio Bodini, Mino Delle Site ed Ernesto Alvino. I primi due, appena diciottenni, costituirono, insieme a pochi altri, il Futurblocco leccese, che svolse una vivace attività, culminata, nel febbraio del ‘33, nella mostra personale di aeropittura di Delle Site. Alvino fiancheggiò il gruppo mettendo a disposizione le pagine del suo settimanale “Vecchio e Nuovo”, a cui collaborarono anche esponenti di primo piano del futurismo nazionale.
Bodini, oltre a essere impegnato in furiose polemiche con i “passatisti” locali, incominciò a pubblicare le sue composizioni letterarie, rivelando già un singolare estro poetico. Delle Site, dal canto suo, si andava affermando invece come uno dei più giovani e originali aeropittori, apprezzato in seguito dai maggiori studiosi del futurismo, come Enrico Crispolti, ad onta dell’estemporaneo giudizio di Scheiwiller: “elegante, ma modesto, (quando ci azzecca)”.
Entrambi furono attratti irresistibilmente dalla personalità magnetica di Marinetti, a cui dedicarono anche un omaggio, Delle Site con un ritratto a matita, Bodini con una infiammata parolibera, che termina, secondo lo spirito più autentico del futurismo, con un auspicio di sempre nuove conquiste: “Aumenta distanze-abissi all’infinito / affinché il NOSTRO SPIRITO / si disperi / si tormenti / si sferzi a sangue / (per raggiungerti nel tuo) / SEMPREAVAAANTI”.
[In “Quotidiano di Lecce”, 31 gennaio 1999]